Alà, cór!

Margaret, una calamita (o calamità) naturale che corre e fa correre gli altri

Ha dato vita alla PapaGiò Run, che ha portato mille e settecento appassionati (e non) a sgambettare intorno al nuovo ospedale

Margaret, una calamita (o calamità) naturale che corre e fa correre gli altri
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di Marco Oldrati

Una calamita o una calamità naturale: questo è Margaret, uno tsunami di energia umana, di voglia di vivere, di correre, di stare in compagnia. Un ciclone, che impressiona soprattutto per il suo spontaneo desiderio di aria aperta, di impegno, di condivisione. Una miniera di idee, proposte, iniziative, incontri.

Se esiste una incarnazione del moto perpetuo questa è Margaret, incapace di stare ferma, ma soprattutto incapace di non coinvolgere. Un vero e proprio magnete per chi abbia in comune con lei la passione per il running.

Dieci anni fa lei e un’amica hanno radunato altri pochi strambi personaggi all’alba e hanno cominciato a correre ad orari inverosimili, pronti ad accettare di non stare a rigirarsi fra le lenzuola pur di far girare le gambe e far vivere al proprio corpo e alla propria testa la gioia di una corsa. E da dieci anni a questa parte non se n’è persa una di occasione per godersi tutto della corsa, gli allenamenti, le tapasciate, le maratone, tutto.

PapaGio
Foto 1 di 3
Addio al nubilato
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Coach
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Ok, direte, basta con i complimenti, ma dopo tutto ‘sto parlare di corsa quanto è forte? E qui casca l’asino, perché Margaret non è una primatista mondiale o una sky runner da paura, è una persona normale, nel vero senso della parola. Moglie e madre di due cuccioli che sono i suoi primi due tifosi, outdoor spot fashion victim (ha una collezione di tute, magliette, scarpe, di tutti i tipi e per tutti i climi), è fanatica del selfie (almeno una dozzina ad uscita!) con cui “ammazza” tutti i compagni di corsa che si dividono in due categorie: quelli che fanno mezzo chilometro corricchiando in attesa che lei abbia finito lo shooting e quelli che benedicono la sua mania perché così “tirano un po’ il fiato”.

Ma Margaret è di più, molto di più di una semplice aggregatrice: ha dato vita ad una delle manifestazioni podistiche più sconvolgenti degli ultimi anni, la PapaGiò Run, che ha portato mille e settecento appassionati e persone semplicemente “colpite” dall’idea a correre intorno al nuovo ospedale e a transitare dai corridoi camminando, portando dentro un luogo delicato un’attenzione allo stesso tempo gioiosa e accurata, ricca di colori ma soprattutto di affetto per chi lavora, vive, si cura, lotta per guarire o per far guarire lì dentro. E lei questa cosa ce l’ha dentro, questa specie di scambio di energia fra chi corre e chi non può correre, con la sua educata e graziosa voglia di averti “nel gruppo”. Tant’è vero che intorno a Margaret ruotano decine di persone pronte a raccogliere la sua “chiamata alle scarpe”, in cui le scarpe sono le armi che generano aggregazione, divertimento, inclusione e soprattutto sorrisi.
Perché e come avviene la chiamata? Per qualsiasi motivo, che presenti la possibilità di correre insieme. Francamente da che la conosco credo di non aver mai sentito dire da lei o da altri che si sia trovata a correre da sola, come se appunto, la sua forza magnetica, quella del suo sorriso, trascinasse fuori di casa e facesse venire la voglia di correre.

C’è una cosa quasi virale che raccontano molti di coloro che la conoscono: quando l’hanno incrociata per la prima volta la corsa non sapevano quasi nemmeno che cosa fosse e oggi sono triatleti, partecipano a trail o ultratrail, o semplicemente si trovano in gruppo a far rumore in orari improbabili salutandosi, prendendosi in giro, facendo scatti “ignoranti” o battute un po’ scurrili… ed è difficile andare a correre con lei senza che lei incontri qualcuno che la saluta, che le chiede come va, al punto che è lei stessa qualche volta a faticare a riconoscerli, come se non ci stessero tutti nella sua agenda mentale gli amici con cui ha diviso il sudore, i chilometri, gli allenamenti e le gare.

Ma c’è una cosa che colpisce più di tutte le altre, più forse della sua voglia di non mollare mai, di essere sempre con le scarpette ai piedi appena ce n’è l’occasione: questa cosa si chiama attenzione. Margaret è attenta, agli altri, agli amici, a chi corre con lei. È la moderatrice dei toni, la pacificatrice delle discussioni, quella che mette la parola fine alle controversie, sempre con quel tono sincero che demolisce qualsiasi obiezione. Parole non ne spreca, anzi, ne usa poche e chiare, ma si rifiuta tassativamente di “tagliare fuori” qualcuno: che corra piano o forte, che venga a tutti gli appuntamenti o si faccia vedere raramente, che sia un amico di vecchia data o un neofita per lei è importante, è una persona che conta e che lei vuole nel gruppo. E non bisogna essere amici prima per correre insieme, si diventa amici correndo.

Margaret ha un po’ la erre moscia, quando dice “ci troviamo a correre” la prima volta rimani un po’ sorpreso: pensi che sia un po’ strano vedere una figura così snella, così elegante e non riesci a capire da dove venga tutta quell’energia. Ma la parola “amicizia” non contiene erre. E quando Margaret la pronuncia, la senti, forte e chiara.
P.S. In Margaret c’è tutto, anche un pizzico di follia: non ci credete? Guardate la foto del suo addio al nubilato, tanto per cambiare… ha corso con le amiche!

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