«Tornare alle origini? Mi concedo questo lusso»

Ritorno al terrore puro e infantile Pupi Avati parla del suo nuovo film

Ritorno al terrore puro e infantile Pupi Avati parla del suo nuovo film
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Pupi Avati parte con un libro dall'inquietante titolo, Il Signor Diavolo, thriller "di provincia" edito da Guanda e legato alla ricostruzione di fatti accaduti negli Anni Cinquanta, e rilancia con un film omonimo, prodotto da DueA e in uscita nei primi giorni del 2019. La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso regista assieme al fratello Antonio e al figlio Tommaso. Un film di paura che contiene tutta la cifra tipica dei film di un genere felicemente frequentato nel passato dal Maestro bolognese con lavori di straordinario successo come l'Arcano Incantatore o La casa dalle finestre che ridono. Tensione diabolica, assoluta quella promessa da Avati, che in una sua nota di regia assicura di riuscire a spaventare il pubblico in un crescendo di parossismo orrorifico. Accanto ai protagonisti Gabriele Lo Giudice, Filippo Franchini, Massimo Bonetti e Chiara Caselli, gli attori storici del cinema di Avati: Lino Capolicchio, Gianni Cavina e Alessandro Haber.

 

 

Pupi Avati, questo è dunque un film in cui la paura fa da padrona. A che tipo di horror ha pensato?
«Tutti i miei film di questo tipo sono legati al filone delle fiabe antiche, fantasmi che appartengono alle suggestioni della mia infanzia. Mi è sempre piaciuto farmi impressionare, sin da bambino, da quel mondo in cui l'incubo ti fa tremare mentre sei al calduccio nel tuo letto. Ricordo che tante volte stando sotto le coperte mi godevo quello speciale senso di terrore creato dai racconti notturni delle zie a Sasso Marconi, dove eravamo sfollati per la guerra. Spero di trasferire con Il Signor Diavolo quella inconscia paura dettata da ancestrali credenze».

Un ritorno alle origini...
«Direi che questo tornare al passato è una specie di lusso che voglio concedermi, alla stregua di tante altre cose, come il piacere dimenticato per troppo tempo di mangiare con gusto un gelato. È proprio vero che da vecchi si tende a tornare all'infanzia!».

Ancora una volta sono attori storici del suo cinema a dar volto a tanti personaggi.
«Sono sempre proprio loro a conferire al film l'atmosfera peculiare nel lungo discorso narrativo dei miei film. Ed è proprio come se il tempo non fosse passato. Indifferenti al fatto che certi ruoli da protagonisti li abbiano resi famosi in gioventù, da grandi professionisti sono adesso ugualmente a loro agio in parti non di primissimo piano».

Cosa ne pensa del binomio terrore-sesso?
«La questione francamente non mi interessa. Ritengo che la donna sia l'essere più bello creato da Dio e di questa convinzione nutro la mia idealizzazione romantica. Non mi verrebbe mai in mente di fare del sesso merce da offrire in pasto al pubblico. Io attribuisco al rapporto tra sessi un valore sacro».

Che ne dice, invece, del cinema dei nostri giorni?
«È troppo influenzato negativamente da un tipo di televisione assai poco elegante ed estremamente massificata. Il risultato è, di conseguenza, l'inevitabile decadimento qualitativo del nostro cinema che ne imita gli aspetti peggiori, con la penalizzazione di tanti nuovi talenti poco conosciuti e molto interessanti, il cui amaro destino è quello di essere colpevolmente ignorati».

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