Itinerari per l'estate

Allora, andiamo in Camargue?

Allora, andiamo in Camargue?
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Allora, ci vogliamo andare o no in Camargue? Non è lontana: da Bergamo si può partire la sera alle dieci e alle cinque della mattina si è già nel cuore della zona. Si può già andare in spiaggia. Una spiaggia che pare un deserto, col mare lontano lontano oltre le dune, una battigia che dura ininterotta per una trentina di chilometri dal Phare de l’Espiguette a quello della Gacholle e altri ancora fino a Salin de Giraud, alla foce del Rodano. Voi, la spiaggia e il mare. Niente altro. Il cielo, beninteso. E, appena dietro le dune, gli stagni con ogni animale che si possa desiderare: uccelli d’ogni specie, compresi i fenicotteri (flamands) rosa, i tori, i cavalli bradi e le nuvole che si riflettono.

 

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I soliti nordici in biciclette con quintali di pacchi e pacchetti davanti e dietro. Altri patiti dell’ecologia su tricicli sui quali viaggiano allungati come fossero divani. Tutti fondamentalmente occupati a farsi i fatti propri e il più possibile distanti gli uni dagli altri. Un sogno. Birdwatchers con binocoli che potrebbero individuare anche un merlo acquaiolo sulla Luna. Fotografi naturalisti con teleobiettivi che paiono obici opportunamente camuffati con tessuti mimetici. Naturisti che l’unica cosa che gli importa è prendere il sole senza che nessuno li disturbi. La Camargue, nel senso di spiaggia, è così.

Ci potete arrivare da Le Grau du Roi (dalla Plage de l’Espiguette); oppure da Les Saintes Maries de la Mer, luogo famosissimo per la sua Chiesa-fortezza, amato anche da Van Gogh che vi realizzò dei quadri di barche; oppure dal Phare de la Gacholle e dalla spiaggia (Plage) de Beauduc. Va sempre bene, non si sbaglia in nessun caso. Quando vedete la strada che s’inoltra tra stagni e canali, andate avanti: da qualche parte arriverete e sarete comunque nel punto giusto. La prossima volta, a un bivio qualsiasi, prenderete l’altra strada e anche in quel caso arriverete dove dovevate arrivare. Questo, ripetiamo, per quanto riguarda il litorale.

 

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Ma la Camargue è anche altro. È un triangolo al vertice del quale si trova la città di Arles. Magnifica città soprattutto per le sue case basse con le persiane da città di mare: da innamorarsene perdutamente. Poi è la città di Van Gogh e di Gauguin, e andando a spasso si capisce perché lo fu. Per uno che veniva dall’Olanda trovarsi nella luce e nelle strade di questa cittadina di platani doveva coincidere col trovarsi nella luce del paradiso. Un po’ fuori c’è anche il ponte del famoso quadro con sopra il carro (una volta) e la signora con l’ombrellino (un’altra volta). In periferia si può visitare il cimitero degli Alyscamps, ricordato da Dante (Sì come ad Arli, ove Rodano stagna, / sì com' a Pola, presso del Carnaro / ch'Italia chiude e suoi termini bagna,/ fanno i sepulcri tutt' il loco varo,...Inf. IX) per i suoi sarcofaghi d’età romana disposti tutti in fila nel grande parco (e, ovviamente, famoso per un altro quadro del solito olandese). “Arli” perché Arles è plurale.

In centro invece bisogna assolutamente visitare il chiostro dell’abbazia di St. Trophime e perdersi torno torno nella contemplazione dei suoi capitelli, che sono una bibbia disegnata in bassorilievo. Ce n’è uno coi tre magi che dormono dentro un sacco a pelo che giustifica da solo tutte le notti passate nello stesso modo dagli amanti, a qualsiasi razza, popolo e religione appartengano, del cielo di stelle. Non c’è solo il chiostro a St. Trophime: c’è anche il portale meraviglioso. Però il chiostro resta il chiostro. Poi si dovrà anche andare a vedere les Arènes, che è un piccolo Colosseo sugli spalti del quale, nei secoli, avevano costruito delle case. Adesso lo hanno ripulito in omaggio alla solita filologia scientifica, ma ci sono rimaste delle stampe che lo raffigurano com’era.

 

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Basta così? Neanche per sogno. Se decidete di uscire ad Arles per raggiungere prima di tutto Le Grau du Roi (il porto da cui partivano le navi del re per le Crociate) avrete la fortuna di trovare sul vostro cammino Aigues Mortes, città fortificata, ancora cinta da un alto muro, con porte e torrioni originali e una torre in particolare, quella detta di Costanza, salendo sulla quale potrete spaziare con lo sguardo su tutta la pianura circostante. Ci sarà da combattere con qualche turista in più, ma va bene ugualmente.

Invece un posto dove i turisti sono meno nummerosi è St. Gilles, proprio sul perimetro in alto a sinistra del triangolo di cui si è detto. C’è una scena con la lavanda dei piedi scolpita sul frontone di una porta della chiesa romanica che fa impazzire (ma anche quella col bacio di Giuda è meravigliosa). E poi c’è il vicino torrione circolare, che ha costituito per secoli una scuola per architetti. È interessantissimo da salire perché sulle mura della scala a chiocchiola ci sono, incise in maniera elegante, ma alla rinfusa, le sigle delle varie compagnie di muratori che sono passate da quelle parti.

D’accordo, direte voi, ma quanto tempo ci si mette ad andare, vedere e tornare? Due giorni di viaggio, uno ad Arles, due in spiaggia, per il resto fate voi. Un altro paio di notti?

 

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