Con gli scrittori Davide Ferrario e Paolo Rumiz chiude "Librai per un anno" a Bergamo
Il primo presenta il romanzo su un'isola, con cui offre una metafora del nostro tempo; il secondo racconta la sua Italia garibaldina

Saranno con gli scrittori Davide Ferrario e Paolo Rumiz gli ultimi due appuntamenti, prima della pausa estiva, di "Librai per un anno", la rassegna letteraria promossa dalle librerie indipendenti di Bergamo e provincia e dal Sindacato italiano librai.
Entrambi gli incontri si terranno a partire dalle 18.30 a Cult! - Auditorium di Piazza della Libertà a Bergamo. L’ingresso è libero, ma è richiesta la prenotazione obbligatoria sul sito della rassegna.
L'isola di Ferrario
Il primo incontro si terrà martedì 3 giugno, in collaborazione con Lab 80, appunto con Ferrario, che presenterà la sua opera L’isola della felicità, edito da Feltrinelli. Classe 1956, è regista di film e documentari, tra cui Tutti giù per terra (1997), Guardami (1999), Dopo mezzanotte (2002), La strada di Levi (2007), Tutta colpa di Giuda (2009). Il suo primo romanzo, Dissolvenza al nero, Premio Hemingway 1995, è stato portato sullo schermo da Oliver Parker. Con Feltrinelli ha pubblicato Sangue mio (2010).

Il suo ultimo libro racconta di un’isola sperduta nell’Oceano Pacifico in cui la popolazione, che ha sempre vissuto con frugalità di pesca e agricoltura, si ritrova ricchissima grazie allo sfruttamento di un deposito di guano, da cui si ricavano fertilizzanti di pregio. Dall’oggi al domani, l’isola diventa uno dei Paesi con il reddito pro capite più alto al mondo. Cinquant’anni dopo, l’isola è in miseria e l’unica graduatoria a cui è in testa è quella della popolazione più obesa del pianeta.
Si tratta di un’esilarante metafora del mondo contemporaneo: quando il guano si esaurisce, ogni presidente che si succede al governo dell’isola cerca nuovi espedienti per accumulare ricchezza, imbarcandosi in imprese sempre più surreali e fallimentari, ma drammaticamente vere. Una satira apertamente ispirata al Jonathan Swift dei Viaggi di Gulliver, che inanella con strepitosa ironia un travolgente crescendo di avventure tragicomiche, che tengono il lettore in equilibrio costante tra la risata e l’amara coscienza del nostro tempo.
L'Italia garibaldina di Rumiz
Giovedì 5 giugno, invece, Rumiz presenterà il suo ultimo libro Bella e perduta-Canto dell’Italia garibaldina, edito ancora da Feltrinelli. Classe 1947, ha scritto più di trenta libri, di cui molti dedicati all’esplorazione dei territori. Fra questi Tre uomini in bicicletta (2002), È Oriente (2003), Appia (con Riccardo Carnovalini, 2016), Il filo infinito. Viaggio alle radici d’Europa (2019), Una voce dal Profondo (2023) e Verranno di notte. Lo spettro della barbarie in Europa (2024). È stato tradotto in America, Francia, Germania, Spagna, Polonia e Paesi dell’ex Jugoslavia. Nel 2024 ha vinto il premio Campiello alla carriera.

Nella sua opera, si interroga su cos’è rimasto di Garibaldi, in questa Italia senza memoria e senza senso delle istituzioni, dove l’unità sognata non si è mai davvero realizzata. Con la sua penna affilata e il suo cuore garibaldino, Rumiz si mette in viaggio alla ricerca delle camicie rosse, quelle di ieri ma soprattutto quelle di oggi. Attraversa città, borghi e luoghi-simbolo, fra riflessioni storiche, considerazioni politiche e incontri con «uomini e donne con la schiena dritta».
A spingerlo a rileggere questo viaggio, le centinaia di lettere ricevute che esortano a non cedere allo smantellamento del mito, a ridare forza a quel simbolo risorgimentale di libertà, giustizia e ribellione, e a rileggere il Paese, le sue divisioni, le sue contraddizioni e la memoria storica che tende a svaporare.
Con indosso una camicia rossa cucita apposta per la traversata dello Stivale, Rumiz si fa protagonista di questa rievocazione avventurosa con vere e proprie azioni garibaldine, come quando si inerpica con dei complici veneti su una ciminiera di Montecchio Maggiore per appendere a sventolare un’enorme bandiera tricolore, eludendo il controllo degli anti-italiani. Alla fine, chiude questo canto immaginando la lettera che Garibaldi scriverebbe oggi ai nostri politici.