Dai Pink Floyd a Marina Abramovic Un giro per grandi mostre italiane

C’è ancora qualche giorno per visitare The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains, la retrospettiva organizzata a cinquant'anni dalla nascita di uno dei gruppi musicali che hanno fatto la storia. Un allestimento del Victoria and Albert Museum di Londra che in Italia è stato riproposto al MACRO, il Museo di Arte Contemporanea di Roma, fino al 20 maggio e a a meno di un chilometro di distanza dal Piper, storica discoteca della città dove nell’aprile del 1968 si tenne uno dei primi concerti del gruppo rock britannico in Italia. Un viaggio audiovisivo in cinque decadi di leggenda, nella storia di uno dei gruppi musicali che hanno fatto la storia del rock. Accompagnati dalle voci e dalle canzoni dei Pink Floyd i visitatori seguono un percorso cronologico fino ad arrivare alla Performance Zone, che permette di rivivere il concerto dei quattro al Live 8 del 2005 con Comfortably Numb e al video di One of These Days, tratto dal concerto storico fatto dal gruppo a Pompei.
Dai suoni britannici ai colori esotici: quelli della mostra su Frida Kahlo allestita al Mudec di Milano, il Museo delle Culture nato negli anni novanta dalla riqualifica dell’ex zona industriale di Ansaldo, che ha trasformato le fabbriche dismesse in laboratori, studi e spazi creativi, un polo multidisciplinare dedicato a diverse culture del mondo. Una vocazione che ben si sposa con il personaggio complesso di Frida Kahlo, artista messicana e icona femminile di resilienza e innovazione artistica. Una mostra che, fino al 3 giugno, riunirà le due più importanti collezioni della pittrice al mondo, il Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e la Jacques and Natasha Gelman Collection, con l’aggiunta di altri pezzi provenienti da musei internazionali mai visti nel nostro Paese, in un percorso espositivo che coprirà alcuni temi specifici: la ricerca cosciente dell’Io, la “messicanità”, la resilienza, la sofferenza, sviluppati in quattro sezioni: donna, terra, politica, dolore.
Sempre a Milano, da non perdere la mostra dedicata ad Albrecht Dürer, esponente di spicco del Rinascimento europeo, la cui opera viene valutata evidenziandone i rapporti con altri maestri suoi contemporanei, come Cranach, Giorgione e Lorenzo Lotto. Centotrenta opere suddivise in pittura, disegno e grafica esposte al Palazzo Reale fino al 24 giugno.
Per tornare nel mondo dell’arte contemporanea bisognerà invece aspettare l’autunno e spostarsi a Firenze, dove dal 21 settembre al 20 gennaio 2019 Palazzo Strozzi ospiterà una grande mostra dedicata a Marina Abramović, protagonista di una rivoluzione nel concetto di performance e delle potenzialità espressive del corpo umano. La mostra propone, attraverso installazioni, video, fotografie, dipinti e oggetti un viaggio nell’opera dell’artista montenegrina spesso considerata (per sua stessa affermazione) “nonna della performance art”. Un’esplorazione artistica, quella della Abramović, iniziata forse dalla prima “lezione” ricevuta dal padre (comandante poi riconosciuto eroe nazionale) a 14 anni, quando lui portò a casa un amico che per spiegarle il tramonto gettò su una tela colla, sabbia, bitume e colori e, cosparso il tutto di trementina, gli diede fuoco. Vincitrice nel 1997 del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia, Marina è l’esecutrice di Balkan Baroque, una performance nella quale, seduta di un mucchio di ossa bovine, le ripuliva dalla carne e dalla cartilagine residua, in un rituale di purificazione per le stragi nei Balcani. Una forza espressiva e innovativa che la mostra cercherà di riproporre con la ri-esecuzione dal vivo di alcune celebri performance, attraverso un gruppo di artisti formati e selezionati in occasione della mostra.