Dentro Caravaggio a Palazzo Reale Il cuore di un artista geniale e ribelle

Con una certa emozione Milano riaccoglie Caravaggio. Quella che apre a Palazzo Reale è una mostra delle tante (anche troppe) che sul grande artista lombardo sono state organizzate in questi anni. Sempre a Palazzo Reale ne era stata organizzata una nel 2005, quindi, dopotutto, non un secolo fa. E allora perché si percepisce una tale eccitazione attorno a questa rassegna? Prima ancora che aprisse, il centro di prenotazioni è stato preso d’assalto, al punto che gli organizzatori sono stati costretti ad ampliare l’orario di apertura, prolungandolo per quattro giorni alla settimana sino alle 22.30. Presto sentiremo proporre visite notturne, pur di assorbire le tante domande: la cosa si spiega anche con il fatto che la mostra non è grande, raccogliendo "solo" 20 quadri (un numero comunque notevolissimo vista la difficoltà dei prestiti per un maestro di cui nessun museo si vuol privare). Quindi la capacità di assorbimento è minore rispetto a una mostra di grandi dimensioni.




A Milano figlio di "migranti". Questa mostra per una coincidenza non si sa quanto voluta apre oggi, 29 settembre, che è proprio il giorno di nascita Caravaggio. È il giorno di San Michele Arcangelo, da cui è venuto il suo nome di battesimo, Michelangelo. Lui che era di famiglia caravaggina, era nato in realtà a poche centinaia di metri dal luogo dove si tiene la mostra: a San Vito al Pasquirolo, nei pressi dell’odierna piazza San Babila. Ed era stato battezzato, come risulta dagli atti ancora conservati dalla parrocchia, a Santo Stefano, nei pressi della Ca’ Granda. Il padre di Caravaggio, Fermo, era infatti muratore e lavorava da “migrante” a Milano, avendo portato nella capitale tutta la famiglia, a cominciare dalla moglie Lucia (Fermo e Lucia erano i genitori di Caravaggio, proprio come il titolo della prima versione dei Promessi Sposi...).








Tra delitti e genio. Forse è questa dimensione così milanese di Caravaggio, in un momento in cui la città ha riscoperto un suo orgoglio (Milano, città stato viene definita da molti osservatori), ad accendere non solo interesse ma anche attenzione attorno a questa mostra. Tra l’altro sul Caravaggio milanese che era andato allievo molto precocemente nello studio Simone Peterzano, si aggiungono oggi altri sorprendi dettagli. Infatti è stata scoperta una biografia molto precoce, di cui uno studioso, Riccardo Gandolfi ha trovato il manoscritto. Venne stilata nel 1614 da Gaspare Celio e rivela quella che forse fu la vera ragione della sua fuga dalla Lombardia: lo scapestrato genio avrebbe infatti ucciso un suo compagno. Quindi quello romano del 1605 non sarebbe stato l’unico delitto che ha macchiato la vita del Caravaggio. Non solo, assemblando tutte le notizie documentate, risulterebbe posticipato il suo trasferimento (praticamente una fuga) a Roma. Quindi gli anni milanese e lombardi del Caravaggio non sono stati semplicemente quelli della formazione adolescenziale, ma quelli della prima maturità.
Certo fa riflettere il successo e alla popolarità che oggi riscuote questo che a tutti gli effetti fu un genio bandito, una sorta di ergastolano della pittura a piede libero. La bellezza, alla fine, è sempre più forte della colpa.