Federer e Nadal, scontro tra dei

E alla fine il dio del tennis volle rimettere in ordine le cose, e fu di nuovo Federer-Nadal. Solo la volontà decisiva di un dio, del resto, poteva far sì che si trovassero di nuovo di fronte per la finale di un torneo del grande slam. Domenica, ore 9.30 italiane, sul campo di cemento blu di Melbourne lo svizzero perfetto e il maiorchino veemente si troveranno di nuovo di fronte anni dopo l’ultima volta.
Le ultime difficoltà e nessuno sconto. Nessuno lo avrebbe immaginato, visto che Federer ha passato la soglia dei 36 anni e lo scorso anno aveva alzato bandiera bianca per il cedimento del menisco. Il fisico di Nadal è invece passato sotto lo schiacciasassi di una potenza muscolare devastante: i problemi alla schiena, al polso e al ginocchio lo avevano tenuto lontano dai vertici ormai da molti mesi e nessuno pensava che potesse tornare quello di un tempo. Invece eccoli lì, di nuovo uno contro l’altro, sbucati fuori dal tunnel della storia come per un copione che solo quel dio poteva scrivere. Sono arrivati alla finale perché i vice-dei Andrej Murray e Novak Diokovic sono usciti anzitempo, quasi un po’ per distrazione. Ma sono arrivati passando per battaglie furibonde, e senza nessuno sconto: due semifinali ai cinque set, con avversari lanciatissimi e più giovani e vinte all’ultimo colpo, con una determinazione che non può certo avere chi è sazio di vittorie.
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Premiata ditta Federer&Nadal. Ma il fascino irripetibile di questa sfida sta in un altro fattore: che Federer e Nadal sono un insieme, più che due super campioni chiamati un’altra volta a sfidarsi. Bisognerebbe scrivere i loro nomi legandoli con &, come succede per le premiatissime ditte. Non che questo tolga agonismo ed epicità ai loro confronti. Ma, quando scendono in campo, uno completa il tennis dell’altro; anzi, meglio, lo esalta. Messi uno di fronte all'altro danno vita ad una sorta di tennis totale. Il che, come scrisse in pagine memorabili David Foster Wallace, corrisponde per chi assiste ad «un’esperienza religiosa», alla sperimentazione (prolungata per un po’ di ore) del sublime.
I due stili di dio. Federer è il tennis che ad ogni colpo sposta più in là l’asticella della perfezione. Gioca con leggerezza, senza sudare, dando l’impressione di stare sempre in assoluta scioltezza. Tutto gli riesce facile, persino fare punto dando le spalle alla rete, com’è accaduto davanti all’attonito Stas Wawrinka, numero 4 al mondo, nella semifinale di giovedì. È un meraviglioso tennis sempre in discesa, anche nei momenti di più feroce battaglia.




Se Federer interpreta la rilassatezza di dio (quello del settimo giorno), Nadal invece ne incarna l’onnipotenza. Il suo tennis è qualcosa di opposto a quello del suo socio/rivale. È più elementare, martellante, ossessivo. Il suo regno è il fondo campo, nel senso che da lì spedisce, con il suo dritto mancino, dei proiettili per i quali nessun avversario ha ancora trovato le contromisure. In semifinale, il bulgaro Grigor Dimitrov (non uno qualunque ma un predestinato a diventare a breve nuovo numero 1 del tennis) è stato quasi buttato fuori dal campo da queste palline che arrivavano a velocità pazzesche. Ma il segreto di Nadal non è la forza: lui colpisce la pallina tenendo la racchetta quasi in orizzontale. È stato calcolato che quella pallina schizza con una rotazione di 4900 giri al minuto: quando tocca terra, per ogni avversario è un momento di terrore, perché può trovarsela ovunque. In genere se la trova alta, sopra la spalla, in sostanza già quasi persa.
Domenica saranno un’altra volta di fronte, per una partita che è già sui libri di storia prima ancora di essere giocata: infatti, che uno dei due debba alla fine vincere e l’altro perdere è cosa del tutto irrilevante. La premiata ditta Federer&Nadal è vincente sempre e a prescindere: quando quei due scendono in campo il rettangolo di cemento blu di 23 metri per otto si trasforma in un rettangolo di paradiso.