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Il film da vedere nel weekend Alien: Covenant, genesi del male

Il film da vedere nel weekend Alien: Covenant, genesi del male
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Regia: Ridley Scott.
Con: Michael Fassbender, Katherine Waterston, Billy Crudup, Danny McBride, Demián Bichir, Carmen Ejogo, Jussie Smollett, Callie Hernandez, Amy Seimetz, Nathaniel Dean, Alexander England, Benjamin Rigby.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

Nel 1979 Alien di Ridley Scott usciva nei cinema di tutto il mondo. Fu una vera e propria rivoluzione, uno dei manifesti del cinema cosiddetto postmoderno. In effetti le innovazioni rispetto al cinema precedente (di genere sci-fi, horror e non solo) erano decisamente notevoli: lo spazio profondo viene trasformato da Scotti in un luogo oscuro, senza vie d’uscita, dove gli uomini sono braccati da una creatura aliena predatrice ed estremamente pericolosa. Si erge a eroina il tenente Ripley, personaggio carismatico, donna d’azione che nulla ha da invidiare alle sue controparti maschili (dando il via a una lettura del film anche in chiave di contro-narrazione di genere, se non proprio femminista). Dopo lo straordinario successo del film, Alien divenne una saga dal destino alterno (ricordiamo i pessimi crossover con la serie Predators), riesumata giusto qualche anno fa dal non proprio meraviglioso Prometheus.

Ma Scott ama troppo la sua creatura e gli appassionati della saga aspettavano comunque con interesse il ritorno degli xenomorphi. Collocandosi dopo Prometheus all’interno della progressione narrativa, il film ruota attorno alle vicende dell’astronave Covenant, partita in direzione di un pianeta simile alla Terra, per verificare la possibilità di un’effettiva colonizzazione. L’equipaggio si risveglia però prima del previsto e capta un segnale di soccorso da un pianeta vicino: anche questo corpo celeste ha caratteristiche abitabili e i nostri protagonisti decidono così di compiere una deviazione imprevista. E fatale.

 

 

Forse proprio a causa dello statuto cultuale che il primo Alien ha assunto nella memoria del pubblico, i punti più bassi della saga (Alien vs. Predator, Alien vs. Predator 2 e lo stesso Prometheus) hanno ferito profondamente la sensibilità dei fan. Vedere un’idea tanto originale e rivoluzionaria tramutarsi in una suggestione puramente commerciale (quasi da merchandising) non deve essere stato facile, ma per fortuna gli elementi di fascinazione dell’opera prima si sono in qualche modo trasmessi sino a noi.

La scelta di Scott è quella di colmare (in un modo meno problematico di quanto non abbia fatto con il film precedente) i vuoti narrativi lasciati dal primo Alien, esplicitandoli visivamente. Un’idea non originale ma di sicuro successo, se svolta non capacità e intelligenza. Per non rischiare un secondo flop e non ripetere esattamente le atmosfere del film originale, Scott ha deciso di orientarsi verso una soluzione ibrida, che concede uguale spazio tanto alle creature quanto agli esseri umani e al loro (sempre problematico) rapporto con la tecnologia.

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Come in ogni buon film postmoderno (ma questa definizione ha ancora senso per il cinema contemporaneo?), ritroviamo una miriade di citazioni interne ad altri film della saga ed esterne, a tutto un immaginario del cinema fantascientifico che risale almeno agli anni Ottanta. Così ritroviamo la fascinazione problematica per il corpo meccanico, l’uso eticamente non neutro della tecnologia (buono o cattivo che sia, dipende in ultima analisi dall’uomo), la ricerca della vita al di fuori del proprio pianeta, il rapporto problematico con una razza predatrice biologicamente più avanzata etc.

Un insieme di citazioni e riferimenti che, per quanto non originali o raffinati, risultano sufficienti a riavviare il motore della saga, anche grazie a sequenze particolarmente ispirate dal punto di vista visivo. Tanto dovrebbe bastare ai fan più accaniti, mentre ci si aspetta nel prossimo futuro (almeno) un'ulteriore iterazione cinematografica degli inquietanti xenomorphi.

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