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Il film da vedere nel weekend Genius, il duro mestiere di scrivere

Il film da vedere nel weekend Genius, il duro mestiere di scrivere
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Regia: Michael Grandage.
Cast: Colin Firth, Jude Law, Nicole Kidman, Laura Linney, Guy Pearce, Dominic West, Vanessa Kirby, Mark Arnold, Jane Perry.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

 

La letteratura americana, almeno da quando ha saputo trovare una propria identità specifica, svincolandosi dall’eredità ingombrante di quella europea, ha dato origine ad alcuni fra i migliori lavori della letteratura mondiale. Scritti complessi, sfaccettati, spesso dall’evidente afflato epico e in grado di dare corpo ad ansie, paure e desideri inespressi. A fronte di un così grande patrimonio letterario si può notare facilmente come gli americani siano riusciti a creare anche un modello di scrittore maledetto, spesso ubriaco o sessualmente disinibito, in grado di creare personaggi che non hanno paura di sporcarsi le mani, di entrare nel vero tessuto delle cose. Non fa eccezione, pure se per motivi almeno parzialmente diversi da quelli dei più celebri connazionali, la vicenda di Thomas Wolfe, portata sullo schermo dal regista Michael Grandage in Genius, sua opera prima.

 

 

Il film si concentra sul notissimo scrittore statunitense, ma lo fa adottando un punto di vista per così dire laterale, decentrato dai grandi clamori epici cui tutto un certo cinema e una certa letteratura ci hanno abituato. Anziché raccontare l’uomo direttamente, Genius affida il ritratto dell’autore agli occhi del curatore editoriale Max Perkins (dalle cui memorie è stato adattato il film), personaggio interessante, pacatissimo e lontano dagli eccessi degli enfant prodige della letteratura. Di Wolfe viene subito riconosciuto il talento e, attraverso un rapporto che si costruisce col tempo e diviene progressivamente più solido, il film si concentra sugli aspetti umani e meno spettacolari della relazione lavorativa fra i due protagonisti.

In questa scelta, apparentemente sottile ma in realtà profondamente personale rispetto alle metriche dei film consimili, sta il maggior pregio di Genius. Infatti, sebbene non rifugga completamente dalla rappresentazione dell’autore come genio romantico e parzialmente asociale, il film ci offre le sue sfumature migliori nella raffigurazione di Perkins, vero protagonista del lungometraggio. Uomo modesto e riservato, Perkins è la nemesi perfetta di Wolfe ed è nel gioco dei precari equilibri fra i due caratteri contrastanti che emerge con forza il valore di una figura professionale come quella del curatore editoriale.

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Un individuo che, quasi come uno psichiatra, scava nell’intimità di un testo e lo comprende, quasi meglio del suo autore. È solo attraverso questo lento e faticoso lavoro di rifinitura che i grandi capolavori della letteratura vedono la luce, per merito di uomini-ombra come Perkins, che il film riesce per fortuna ad illuminare e a mostrare come un personaggio complesso. Complesso perché non privo d’ombre, piccole maniacalità e problemi che ne fanno un individuo molto credibile e quasi più interessante dello stesso Wolfe.

Al film si potrebbe imputare, forse, l’eccessiva scolasticità di alcune scelte di regia e di impostazione, ma in un caso come questo ciò non appare per nulla un difetto. Anzi, in un film come Genius dove è la parola nella sua dimensione verbale ad essere la grande protagonista, è probabile che certe sregolatezze stilistiche sarebbero risultate alla lunga fuori luogo. Abbiamo così l’immagine, decisamente piacevole per l’ottima qualità del confezionamento, di un lavoro perfettamente riuscito nel suo intento e che non mancherà di tenere gli spettatori incollati alla poltrona grazie ad una storia coinvolgente e ben scritta.

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