Il film da vedere nel weekend La forma dell'acqua, affascinante
Regia: Guillermo del Toro.
Con: Sally Hawkins, Michael Shannon (II), Richard Jenkins, Doug Jones, Michael Stuhlbarg, Octavia Spencer, Lauren Lee Smith, Nick Searcy, Dru Viergever, David Hewlett, Stewart Arnott, Nigel Bennett.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.
Guillermo del Toro è senza dubbio un regista atipico, che nella sua carriera ha varcato le soglie di quasi tutti i generi di successo nel cinema contemporaneo. Dopo inizi legati a produzioni horror decisamente di consumo (Mimic, La spina del diavolo, Blade II), ha dato vita a una delle pellicole più visivamente ispirate degli anni 2000 (Il labirinto del fauno), dando forma a quello strano mix fra horror e fantasia che ancora oggi caratterizza il suo cinema. Dopo aver fornito un’ottima prova in un genere difficilmente rinnovabile come quello dei robot giganti (Pacific Rim) è tornato alle atmosfere gotiche che gli sono forse più congeniali (Crimson Peak). E mentre è stata per ora annullata la sua trasposizione animata e dark di Pinocchio, il suo ultimo film che arriva in questi giorni in sala si è aggiudicato non solo il Golden Globe per la migliore regia, ma prima ancora il Leone d’oro all’ultimo festival del cinema di Venezia. La forma dell’acqua è un lavoro che apre forse una nuova stagione nella creatività di del Toro e che ne raffina non poco l’estetica e lo stile, pur mantenendo quell’inventività visiva che da sempre lo accompagna.
Protagonista di quest’opera delicatissima è Elisa, una ragazza muta che fa la donna delle pulizie in un laboratorio del governo americano a Baltimora. A lei sono legati due personaggi che, negli Stati Uniti della guerra fredda, devono ritagliarsi con fatica uno spazio di apparizione della società: Zelda è afroamericana e Giles è omosessuale; entrambi sono soggetti subalterni, malvisti e derisi. Tutto cambia quando i tre scoprono che, proprio nell’edificio dove lavorano, viene tenuta prigioniera una creatura anfibia di grande intelletto. Elisa, sorta di creatura ibrida a sua volta, finisce per innamorarsene, ma dovrà vedersela con la spietatezza dei suoi superiori, che per vincere il conflitto contro l’Unione Sovietica sono disposti a tutto.
Come ricordato, una delle caratteristiche dello stile di del Toro è quella di dare forma a regni fantastici, popolati da creature mutaformi e iridescenti; se fino ad oggi la sua forza prometeica ha generato luoghi oscuri e inaccessibili, ne La forma dell’acqua il regista plasma la materia per condurla ad approdi altrettanto affascinanti ma decisamente meno sconvolgenti. Nel film si percepisce il desiderio di fuga dei tre personaggi, reietti di un mondo tecnologico e votato al profitto, che trovano nell’idea di un altrove marino la possibilità di un’esistenza diversa. L’operazione è di grande raffinatezza, perché del Toro non cerca di costruire un doppio del mondo reale, ma libera il suo estro creativo e ci comunica questa dimensione altra come un mondo archetipico, senza limiti, accogliente come un ventre materno dove la vita può rigermogliare.
Quel mostro trattenuto nei laboratori di Baltimora diventa così specchio e doppio dei protagonisti (mostri solo con fatica e comunque parzialmente accettati dalla società) e il suo sacrificio per un bene superiore è rifiutato come un delitto inaccettabile. In quella creatura totalmente altra eppure similissima all’umano si nasconde il segreto di una rivalsa, il muto invito ad una palingenesi per l’uomo e la società tutta.
La forma dell’acqua è insomma un film di grande fascino e ispirazione, sia per il profilo narrativo (che stratifica problemi, simbolismi e letture come mai prima d’ora in del Toro), sia per quanto riguarda la ricercatezza dello stile e delle scelte formali impiegate. Un’opera sicuramente diversa da quelle che passano solitamente in sala, un’occasione preziosa per vedere all’opera un cinema festivaliero assolutamente accessibile a chiunque.