Il film da vedere nel weekend Midsommar, bello e terrificante

Regia: Ari Aster.
Con: Florence Pugh, Jack Reynor, William Jackson Harper, Will Poulter, Vilhelm Blomgren.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.
Si è detto spesso come il cinema horror, pur godendo di poca ammirazione da parte di numerosi spettatori, sia in realtà particolarmente interessante e al suo interno i registi si sentano a volte liberi di sperimentare soluzioni estetiche e narrative poco battute dagli altri generi. Insomma, soprattutto negli ultimi anni, l’horror è diventato un vero e proprio laboratorio di ricerca nuovi talenti, che hanno mostrato creatività e capacità di innovazione per un tipo di cinema che troppo spesso viene giudicato sempre uguale a se stesso. In questa nuova generazione emerge senza dubbio Ari Aster, fattosi notare da pubblico e critica per un film raffinato e complesso come Hereditary e oggi nuovamente in sala con l’ambizioso Midsommar - Il villaggio dei dannati. Protagonisti di questa vicenda sono Dani e Christian, una coppia in crisi la cui relazione va avanti per la forza dell’abitudine (Dani vorrebbe uscirne, ma non sa come fare…). Le cose cambiano quando, dopo un colpo di scena che riguarda la sorella di Dani, i due decidono di andare in visita in un villaggio svedese dove si celebra uno strano festival dedicato al solstizio d’estate.
Hereditary era un film che aveva colpito tutti non solo per il suo essere genuinamente (e intelligentemente) inquietante, ma anche per la qualità formale delle sue immagini e per la ricercatezza delle soluzioni formali impiegate. Si tratta di elementi che, ovviamente, si conservano anche in Midsommar, ma tanto il film precedente era buio e claustrofobico, quanto questo è assolato e luminoso. Si tratta di una scelta di grande intelligenza, che fa germinare l’orrore in un terreno inatteso e fortemente originale. Le inquadrature di Aster sono ancora una volta ricercate, magnifiche da vedere e fortemente capaci di condensare al proprio interno un valore narrativo. Midsommar è un film che (come il suo predecessore) dovrebbe essere preso a modello per tracciare una nuova e più intelligente rotta per il cinema horror, fatta di sensazioni e qualità formale. Il film è lungo (140 minuti) ma talmente ben costruito da risultare denso di avvenimenti e suggestioni; in particolare colpisce la scelta di Aster di recuperare un sottogenere relativamente poco praticato (quello del folk horror) legato al sottotesto inquietante spesso presente in tradizioni religiose popolari, campagnole e rurali. La cosa è centrale in Midsommar e anzi assume un valore cruciale per la definizione della carica perturbante delle immagini.




Rimane poi centrale anche il tema della famiglia, che Aster pone ancora una volta al centro della sua indagine: l’intera vicenda è scatenata dalla (e ruota attorno alla) presenza della sorella di Dani, mentalmente instabile e simbolicamente portatrice di dissesto in una coppia (nuovo nucleo familiare) che fatica a rimanere unita. Il passato rimane ancora una volta il luogo dei ricordi traumatici dai quali scappare ma che continuamente torna a manifestarsi. In definitiva, Midsommar è un film complesso, affascinante e ambizioso, che senza dubbio consacra Aster fra i migliori registi horror del nostro presente.