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Il film da vedere nel weekend La Teoria del Tutto, candidato Oscar

Il film da vedere nel weekend La Teoria del Tutto, candidato Oscar
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I ruggenti anni Sessanta all’Università di Cambridge. Un momento in cui tutti possono ancora pensare di cambiare il mondo con le proprie idee. In mezzo a loro Stephen, una laurea in fisica alle spalle e l’interesse per le meraviglie del cosmo. Dall’altra parte, nello stesso campus ma affascinata dalla letteratura e dalle lingue, la dolce Jane, studentessa di lettere. Il loro incontro ad una festa universitaria segna l’inizio di una storia d’amore tenera e sognante, che resisterà nel tempo oltre tutte le problematiche che la vita ha in serbo per i due giovani. Sì, perché Stephen è destinato, con il suo genio, a cambiare il mondo e – soprattutto – il modo di vedere il mondo.

 

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Senza dubbio fra gli scienziati più famosi degli ultimi tempi, Stephen Hawking è un volto noto della comunità scientifica più per il suo deficit che per i suoi meriti. I disturbi fisici da cui è affetto, che gli rendono impossibile praticamente qualunque gesto, sono una delle icone forti del rapporto spesso problematico fra corpo e mente. Costretto su una sedia a rotelle, in grado di parlare solo faticosamente, Hawking sarà comunque in grado di rimettere in discussione tutti gli assunti della scienza, arrivando ad elaborare la Teoria del Tutto che fa da titolo a questa affascinante pellicola biografica. Un racconto, quello messo in piedi da James Marsh, che è ben lontano dalla celebrazione delle ricerche di Hawking e dei suoi successi in campo scientifico: molto più saggiamente, ma compiendo una scelta parecchio rischiosa, il film decide di concentrarsi sulla vita privata del luminare e sul manifestarsi della sua malattia.

A fare da collante fra queste tematiche, il rapporto, quanto mai umano, fra Jane e Stephen, opposti che si attraggono, come Newton sapientemente insegna. Niente di più conflittuale di una studentessa di lettere e di un laureato in fisica, se si considera che mentre la prima nutre una feroce fede in Dio, il secondo – da buon seguace del metodo scientifico – crede solo in ciò che i suoi occhi e la sua mente possono dimostrare in modo certo. Eppure riescono ad amarsi e a fare del film di Marsh un delicato titolo sulla bellezza dei sentimenti. Sì, perché il regista sceglie di muoversi in una maniera molto classica, senza concedersi tirate spettacolari o particolarmente riuscite, eppure tutto alla fine funziona, perché la performance dei due attori è formidabile e perché, soprattutto, i sentimenti non conoscono barriere. Un film che vuole piacere al pubblico e che non mancherà di emozionare gli spettatori, offrendo la possibilità di conoscere meglio un genio di cui purtroppo si sa troppo poco.

 

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Chi è James Marsh. James Marsh è un regista britannico (classe 1963) di cui si conosce o si ricorda decisamente troppo poco. Il suo debutto avviene molto tardi, quando sceneggia e dirige The King (2005), pellicola presentata a Cannes sul difficile rapporto fra un marine e il padre, uomo di fede che non ha intenzione di rivelare l’esistenza del figlio alla sua comunità spirituale. Il capolavoro arriva però con Man on Wire – Un uomo fra le Torri (2008), premio Oscar per il miglior documentario che racconta l’impresa del funambolo Petit. Negli anni Settanta il celebre artista ha compiuto una straordinaria camminata nel vuoto (assolutamente illegale e imprevista) nello spazio fra le due Torri Gemelle. Un film che più degli altri proposti da Marsh è significativo per la nostra epoca e dove la presenza delle Torri fa lo strano effetto di un fantasma sullo schermo.

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