"Un giorno da Italiani" di Salvatores girato tutto dalla gente comune

Spesso ormai il cinema finisce per assomigliare a un concerto musicale. Questo per svariati motivi, essendo l’atto di andare a vedere un film un rito sociale e collettivo; ma in questi ultimi anni si è sviluppata una nuova tendenza, che prevede che molti film vengano proiettati una tantum, come eventi singoli che quindi si esauriscono al termine della visione. È il caso di Italy in a day, ultima fatica di Gabriele Salvatores, presentata in anteprima al Festival del Cinema di Venezia e proiettata in un’unica giornata, il 23 settembre, per il grande pubblico (a Bergamo alle ore 21.00 all’Auditorium di Piazza della Libertà). Film come questi possono mettere di fronte a grandi problemi interpretativi e forse in casi del genere non è il caso di soffermarsi sulla qualità dell’opera, quanto sul suo più profondo significato. Italy in a day è effettivamente un deciso passo in avanti per il nostro Paese, relativamente alla diffusione, alla comprensione e all’utilizzo intelligente della cultura digitale. L’Italia è infatti da molti considerata una nazione non più al passo coi tempi ed è un segnale forte che sia proprio il cinema, una delle nostre eccellenze del passato, a farsi pioniere di nuove tendenze.
2000 ore di video girate dal pubblico del web. Il 26 Ottobre 2013 è stato il giorno fatale: Salvatores ha raccolto più di 2000 ore di video inviate dai frequentatori dei web per testimoniare brandelli della loro giornata; il regista si è poi “limitato” a selezionare, montare e creare, a partire da questi frammenti necessariamente sconnessi, un’opera completa, anche se ovviamente lontana dal concetto lineare e classico di film narrativo. L’idea, bisogna dirlo, non è originale e deriva dall’ambizioso progetto Life in a day realizzato da Kevin Macdonald con l’importante patrocinio di Ridley Scott, ma non per questo l’iniziativa di Salvatores perde in importanza. Da una notte all’altra, andata e ritorno, il regista ha ordinato i video selezionati per raccontare una giornata dell’Italia di oggi, proponendo un uso necessariamente centrale delle tecniche di montaggio (potremmo quasi dire che questo è un film di o forse sul montaggio).
I temi, sentimentali e intimistici. C’è anche da chiedersi come si debba interpretare un film del genere, che potrebbe essere tacciato senza troppe difficoltà di essere un documentario come gli altri. Errore molto grave, perché se Life in a day era effettivamente appesantito da una cornice testimoniale che non lasciava emerge la componente più specificamente cinematografica, il suo corrispettivo nostrano è liberato da questa necessità: Salvatores, pur alternando sequenze di carattere assai diverso, si concentra in maniera specifica su quelle più sentimentali e intimiste, andando a raccontare il privato con una sensibilità mai invasiva, recuperando ad esempio quella che era la parte migliore di un altro film del genere come Sacro GRA di Gianfranco Rosi.
La mano che riprende è giovane. Un ritratto della vita della penisola, dunque. Cosa emerge da queste immagini? Il protagonismo quasi indiscusso dei giovani, la cui mano è percepibile anche quando si riducono a semplici cameraman a beneficio dei parenti più anziani: tutto il film è pervaso da un dinamismo frizzante, che evita quasi del tutto le punte oscure del vivere che pure oggi fanno così fortemente parte del nostro contemporaneo. Un messaggio ottimista che a volte potrebbe essere tacciato di semplicità, poiché in più tratti la narrativa suggerita dal montaggio e dagli stessi video sembrerebbe piuttosto stereotipata, ma tutto sommato il risultato raggiunto è notevole.
Apriamo gli occhi. Il più grande merito di un’opera come questa dunque non sta tanto nella sua capacità di dirci qualcosa di nuovo, ma di farci aprire gli occhi su un sottobosco di energie partecipative che spesso non vengono evidenziate a sufficienza. Esiste in Italia un’energia dal basso che lavora costantemente e che sarebbe il caso di catalizzare in maniera più intelligente di quanto attualmente non si faccia.