La grande fotografa sconosciuta che dovremmo conoscere tutti

«Monique Jacot è la pioniera della Footografia che non conoscete e che, invece, dovreste conoscere»: questo il titolo con cui l’Huffington Post (edizione americana) presenta la protagonista di una importante mostra retrospettiva al Verborgene Museum di Berlino, fino al 1 marzo.
In effetti non la conoscevamo. E abbiamo deciso che ci piacerebbe assolutamente saperne qualcosa di più. Perché è una che ama due cose contemporaneamente: è pronta a cogliere le stranezze che succedono qua e là nel mondo e le piace un sacco lavorare in camera oscura. Alcuni la conoscono forse come reporter interessata agli aspetti sociopolitici del mondo, soprattutto femminile (donne che lavorano sui trattori, negli uffici, nelle fabbriche). Però è nota anche per i suoi servizi su riviste patinate come Vogue ed Elle. Magari, aggiunge Huffington, qualcuno ne ha sentito parlare in rapporto ai lavori di documentazione che le sono stati affidati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: cronache di povertà e di assoluta mancanza di igiene in mezzo mondo, dagli USA all’Oriente.

Scatti di "povertà" di Monique Jacot

Scatti di "povertà" di Monique Jacot

Scatti di "povertà" di Monique Jacot

Scatti di "povertà" di Monique Jacot
Ma Monique Jacot non si identifica con nessuna di queste sue aree - o occasioni - di intervento. Da una parte (ci sembra di poter capire) è l’insieme di tutte loro, dall’altra pare essersi riservata una sua zona specifica, diremmo così “improduttiva” che potremmo chiamare “dell’immagine e basta”, della cosa che accade e che per un verso è strana in sé (e questo già ne costituisce la giustificazione), dall’altra fa presagire golosissime ore di lavoro sui negativi e in stampa.
Theo Lausanne, del1989, dove Theo se ne sta a testa in giù con le gambe appoggiate al palo di una porta da calcio e una felpa che le pieghe trasformano in una scultura di Vasarely, è uno di questi momenti sublimi e improvvisi per cui si ringrazia il cielo di aver dietro la fotocamera e la mamma di Theo di avergli comperato quell’orribile maglia a quadratini bianchi e neri.
Il pantomino Dmitri del 1961 si dev’essere presentata come una stupenda occasione di lavorare sulla pellicola per farle tirar fuori tutto il bianco del fumo senza però irrigidirlo. Ci saranno voluti parecchi passaggi per ottenere quell’immagine.
Come per “cancellare” l’acqua dalla piscina in cui galleggiano quelle signore impegnate nell’HydroGym che, alla fine del procedimento, sembrano sospese nell’aria come paracadutiste impegnate in una acrobazia.
Certo, si vede qua e là molto di quello che Jacot ha imparato dai mostri sacri dell’Agenzia Magnum con cui ha lavorato (ci permettiamo di dire che la lezione di Henri Cartier-Bresson l’ha imparata benissimo - e non era facile) e di alcuni dei quali - come Martine Franck - forse condivideva naturalmente la sensibilità, per cui devono aver gareggiato molto tra loro. Bene così.

Foto di Martine Franck

Foto di Martine Franck

Foto di Henri Cartier-Bressons

Foto di Henri Cartier-Bressons

Foto di Martine Franck

Foto di Henri Cartier-Bressons

Foto di Henri Cartier-Bressons

Foto di Martine Franck
Nata a Neuchâtel, Svizzera, nel 1934, appare una ragazza che per tutta la vita è stata molto contenta della sua vocazione. Non è poco. Ed è soprattutto per questo - ci pare - che le sue immagini ci raggiungono in profondità. Ma ci torneremo su.