Rinnovano e fanno ballare

I Hate my Village, il rock fa tribù Una bella ventata d'aria fresca

I Hate my Village, il rock fa tribù Una bella ventata d'aria fresca
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Prima Luca Ferrari con i Dunk, cioè Carmelo Pipitone dei Marta sui Tubi e i fratelli Marco ed Ettore Giuradei. Ora Alberto Ferrari coinvolto nel supergruppo I Hate My Village, fondato da Adriano Viterbini, chitarrista dei Bud Spencer Blues Explosion, e Fabio Rondanini, batterista di Calibro 35 e Afterhours (nonché presenza fissa a “Propaganda Live”, programma di Diego “Zoro” Bianchi), con la produzione di Marco Fasolo, chitarrista e frontman dei Jennifer Gentle, che dal vivo suona il basso. I fratelli Verdena, in sostanza, non amano stare con le mani in mano. E non escono dai confini della buona musica. Con I Hate My Village, in particolare, una ventata di aria fresca ha accarezzato i fan del rock alternativo, un po’ assopiti da un’offerta nazionale sicuramente buona ma non particolarmente innovativa. Una ventata che ha portato a una serie di sold out consecutivi fin dalla prima data della tournée. Stasera, al Druso di Ranica (13 euro), le cose non dovrebbero andare diversamente.

 

 

La novità, come già ai tempi dell’etichetta Real World fondata da Peter Gabriel, arriva dall’incontro, dalla contaminazione. Ma in questo caso il contagio positivo è avvenuto direttamente sul palco e poi cresciuto in sala prove con la curiosità di chi ha costantemente voglia di divertirsi nell’ampliare il proprio orizzonte. Nasce infatti, in prima battuta, dall’esperienza di Viterbini come solista, un viaggio nel cuore dei suoni, dei colori e delle tradizioni della musica africana, un amore che sia lui, sia Rondanini hanno coltivato anche grazie all’opportunità di suonare sui palchi di tutta Europa accanto a musicisti quali Bombino e Rokia Traoré. Jam dopo jam hanno preso forma nove tracce di grande spessore in cui melodie e ritmi di Mamma Africa si fondono con timbriche occidentali, ottenendo una miscela di grande effetto. C’era bisogno di una voce: i due apripista hanno pensato ad Alberto Ferrari. La sua vocalità inconfondibile li ha conquistati subito perché capace di donare all’amalgama strumentale un ulteriore elemento capace di unire mondi apparentemente lontani, senza sopraffarlo.

 

Articolo completo a pagina 23 di BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 28 marzo. In versione digitale, qui.

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