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La strana coppia Iacchetti-Covatta Matti tra Lombardia e Campania

La strana coppia Iacchetti-Covatta Matti tra Lombardia e Campania
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Elia, sensibile e autoironico, non ha mai conosciuto il proprio padre. Aveva vissuto sempre solo con la madre, imbastendo con lei un rapporto morboso ed esclusivo. Un cocco di mamma fatto e finito. Alla sua morte, disastro: si rivela totalmente incapace di prendersi cura di sé. Viene ricoverato in una struttura psichiatrica protetta. Stessa cosa per Giovanni, la cui fragilità è segno del disperato tentativo di cancellare le ferite procurategli da una madre alcolista e un patrigno violento. Omaccione dai modi ruvidi e spicci, fissato col cibo e soprattutto col sesso, che peraltro non ha ancora avuto modo di sperimentare, è generoso e impulsivo. È compagno d’avventura di Elia: insieme, al termine del percorso terapeutico, vengono mandati dal sistema sanitario a vivere da soli in un appartamento nel centro della città, come capita nelle società dal welfare brillante tipo la Norvegia.

 

 

L’inserimento nella società civile fa ridere. Perché il loro approccio è spontaneamente sghembo. Ma funzionale. Con l’happy end (di genere): Elia si salva grazie alla poesia (scrivendo versi su foglietti che inserisce nelle scatole dei corn flakes sugli scaffali dei supermercati), mentre Giovanni scopre l'amore. Se poi Elia è interpretato da Enzo Iacchetti e Giovanni da Giobbe Covatta, con pure Gioele Dix in cabina di regia, ovvio che l’ingranaggio della comicità di  Matti da slegare, sabato 11 febbraio al Creberg Teatro (ore 21) giri a meraviglia. Tant’è che lo spettacolo - tratto dalla commedia Elling & Kjell Bjarne del norvegese Axel Hellstenius (da cui il film Elling diretto da Petter Naess, candidato all’Oscar come migliore film straniero 2002) -, racconto del percorso tortuoso, complicato ed esaltante che condurrà i due «matti» a slegarsi  dai tanti fantasmi piccoli e grandi che li hanno resi infelici per gran parte della loro vita, ha infilato una lunga serie di sold out nella sua prima tournée ed è quindi stato riproposto, a furor di popolo, per il 2016/17. In scena anche Irene Serini nel ruolo dell’assistente sociale Franci e Sara Damonte nel doppio ruolo della dottoressa Manu e della vicina di casa Rita.

 

 

«Elia e Giovanni hanno un altro modo di affrontare le cose – ci spiega Covatta – che non è né peggiore né migliore di quello che viene utilizzato abitualmente. È semplicemente diverso». La malattia mentale come chiave per scoprire l’umanità più profonda grazie a un punto di vista altro, obliquo. «Sintomatica in questo senso una famosa storia del poeta libanese Khalil Gibran – aggiunge Covatta -, Il re saggio». Questo il racconto: «Regnava un tempo nella lontana città di Wirani un re potente e, al tempo stesso, saggio. C’era in quella città un pozzo la cui acqua fresca e cristallina attingevano tutti gli abitanti, compreso il re e i suoi cortigiani, poiché non vi erano altri pozzi. Una notte, mentre tutti dormivano, nella città penetrò una strega e versò nel pozzo sette gocce di un liquido strano, dicendo: “Da questo istante, chi beve di quest'acqua diverrà folle”. Il mattino seguente tutti gli abitanti della città, escluso il re e il gran ciambellano, attinsero dal pozzo e divennero folli, come la strega aveva predetto. E per tutto il giorno la folla, nei vicoli angusti e nelle piazze della città, non fece altro che bisbigliarsi: “Il re è pazzo. Il nostro re e il gran ciambellano hanno smarrito la ragione. Non possiamo certo servire un re folle”. Quella sera il re ordinò che si colmasse un calice d'oro con acqua del pozzo. E quando glielo portarono, ne bevve sorsi profondi, e ne offrì al gran ciambellano. E ci fu gran gioia in quella lontana città di Wirani, perché il re e il gran ciambellano avevano riacquistato la ragione».

Giobbe ci spiega le categorie del genere commedia. La commedia può essere divisa in due grosse categorie. «Un pazzo che sta in una situazione normale, o un normale che sta in una situazione pazzesca. Di solito preferisco la seconda categoria, che è quella del film di Benigni e Troisi Non ci resta che piangere, in cui due persone normali si ritrovano nel medioevo. Non ho mai apprezzato il contrario». Parola di Giobbe Covatta. Però il copione di «Matti da slegare» gli è piaciuto molto da subito «perché sono due pazzi veri: uno autistico, l’altro minorato mentale. Non sono due mattacchioni. Inoltre la vicenda transita per meccanismi che non sono solo della commedia, ma anche del dramma. Questi due poveretti, nella loro confusione mentale, si trovano ad affrontare il mondo normale. Qui si mette alla prova la loro intelligenza, il loro modo di affrontare le cose, che è sempre molto poco logico. Ma in qualche modo con la loro sensibilità riescono a smussare quegli angoli che renderebbero impossibile la loro vita in società». I duetti che funzionano, nello spettacolo, sono molti. «Alcuni giocano sulla tenerezza e danno più possibilità alla storia di essere narrata. Altri sono più facili: a un certo punto ci ubriachiamo e dobbiamo fare una telefonata. È una scena che mi diverto sempre molto a fare. E Iacchetti pure».

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