Da Sanremo Giovani a Ranica

Marianne Mirage: «Quelli come me quando cadono si rialzano subito»

Marianne Mirage: «Quelli come me quando cadono si rialzano subito»
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«È un lavoro, come fare il panettiere: lui prepara il pane la mattina e io preparo le emozioni la sera». Parola di Marianne Mirage, al secolo Giovanna Gardelli. Voce e chitarra. Tanto basta alla cantautrice, originaria di Cesena, per salire sul palco, connettersi al suo pubblico e offrire emozioni. La Mirage stasera, venerdì 10 marzo, sarà al Druso di Ranica: porta in tour l’ep intitolato Le canzoni fanno male, che contiene anche il brano omonimo con cui l'artista ha gareggiato nella categoria «Giovani» del Festival di Sanremo.

Oggi sei conosciuta come Marianne Mirage, ma ti chiami Giovanna. Come sei arrivata a questo nome d'arte?

«È stata una scelta molto ponderata. Per me era importante salire sul palco e diventare qualcun altro. Marianne, perché ho sempre amato Marianne Faithfull e la sua iconografia anni '60. Inoltre c'è la Marianne di Francia, portatrice di libertà. Poi ho pensato a Mirage: un miraggio. Qualcosa che prima non esiste e poi si palesa sul palco all’improvviso».

Hai viaggiato molto nella tua vita?

«Tanto e anche da sola. Questo ha fatto sì che andassi sempre in cerca di novità, senza paura di sperimentare».

Quali sono le tue influenze musicali?

«Ascolto diversi generi. Anche se non faccio rap, mi piace ascoltarlo. Trovo sempre molte ispirazioni nell'ascolto di diversi generi. Ciò che mi piace di più è la musica soul. La radice comune dei miei ascolti è la musica black».

 

 

L'album di debutto del 2016 si chiama Quelli come me. Chi sono quelli come te?

«Nella traccia Quelli come te canto: “Quelli come te sperano, quelli come me amano”. In Deve venire il meglio invece canto: “il mio destino non ha scelto quasi mai. Ho lottato. Fatto tutto io per lui”. Sperare in qualcosa che arrivi non è nelle mie corde. Credo sempre che siamo noi a decidere per il destino e mai il contrario. E credo che in molti siano come me e lottino per ciò che vogliono. Nella canzone Game over canto: “combatto da sola una guerra più forte di me”. Quelli come me sono eterni lottatori. Anche quando cadono, si rialzano e ripartono. Quelli come me amano i paesi stranieri e viaggiare. Ascoltano canzoni in altre lingue e sentono che l'italiano può prendere diverse forme e raggiungere sonorità più estere. Quelli come me sono ironici e amanti della musica».

Hai partecipato al Festival di Sanremo con la canzone Le canzoni fanno male. Che esperienza è stata?

«Ci sono arrivata molto serena. La canzone è stata scritta da Francesco Bianconi dei Baustelle e Kaballà, mi piaceva e l’ho fatta mia. Mi rendo conto che non fosse la canzone più semplice da portare su quel palco: ad un certo punto canto: “troppe rime cuore amore che non sono neanche divertenti”. Non facile, ma allo stesso tempo quella ero io. La mia originalità. Ciò che sono sempre. Oltre Sanremo c’è una carriera da costruire».

Ti piace la dimensione della tournée e degli spettacoli dal vivo?

«Io vedo il mestiere del cantante non tanto in studio, quanto sul palco. Io e la mia chitarra: è la dimensione che preferisco. Che sia un pub, un palco o un palazzetto, il pubblico si aspetta delle emozioni e io faccio il mio lavoro».

Quando viaggi, cosa non manca mai nel bagaglio oltre alla chitarra?

«Un taccuino. Viaggio sempre con dei piccoli libri di viaggio su cui disegno e scrivo. E li ho conservati tutti».

È la tua prima volta in concerto a Bergamo?

«Per suonare sì, ma vengo spesso qui, dal mio vocal coach Maurizio Zappatini, con cui sto facendo bellissimi lavori».

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