All’oasi di Dalmine

Ore e ore seduti in un capanno per fotografare il martin pescatore

Ore e ore seduti in un capanno per fotografare il martin pescatore
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C’è la capannetta di legno, le reti traforate mimetiche sulle feritoie, perfino la copertura mimetica per il grande obiettivo della macchina fotografica. Non si devono accorgere della presenza dell’uomo, gli uccelli che si posano sui rami e sui tronchi sistemati all’interno del laghetto dai volontari dell’associazione Il Picchio Verde. Per fare birdwatching ci vuole tanta pazienza. Un po’ come andare a pesca. E bisogna fare silenzio, ma le domande per il presidente Paolo Maffioletti sono tante, così si parla sussurrando, perché altrimenti il martin pescatore sente e non si avvicina.

 

 

«Per un paio d’ore questa mattina ha trafficato qui davanti - dice Paolo -, è arrivato perfino a posarsi insieme alla sua compagna. Stanno sui rami vicino all’acqua, ci guardano dentro per scovare qualche preda e poi si tuffano. Prima ne ho fotografato uno con un girino nel becco». I volontari del Picchio Verde sono tutti esperti fotografi naturalisti. Le immagini scattate in questa prima estate dell’oasi sono davvero meravigliose. L’Amministrazione comunale ha addirittura scelto come copertina del notiziario comunale una foto scattata da Maffioletti, con un martin pescatore che imbocca il suo piccolo con un pesciolino.

«Per ora abbiamo censito 35 specie, ma ce ne sono molte di più», dice il presidente. Anatre mandarine e marzaiole, germani reali, fagiani, aironi bianchi e cinerini, gallinelle, cormorani, tuffetti, picchi, folaghe, cicogne, ibis, perfino un gheppio. Nel laghetto sono stati inseriti cavedani, scardole e altri pesci di palude, «ma bisogna vedere se sopravvivono - spiega -. Se cresce troppa erba che poi marcisce, sulla superficie dell’acqua si forma una patina di alghe che non permette all’acqua di ossigenarsi, quindi capita che i pesci muoiano». Anche la fototrappola ha immortalato alcuni animali: leprotti, una volpe, il picchio verde. Ci sono pure le natrici dal collare, che sono bisce acquatiche, gli insetti che camminano sul pelo dell’acqua, tante libellule di tutti i colori. E, strano ma vero, neanche una zanzara, manco al tramonto. «Ci sono anche specie che non sono autoctone e sono dannose – dice Paolo -, come la nutria e le tartarughe americane. Rovinano l’ecosistema». Mentre aspettiamo il martin pescatore ci sono due aironi che osservano il capanno dai rami più alti di una garzaia e, vicino a loro, due cormorani che si asciugano le ali al sole.

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«Appena finisce l’estate vogliamo realizzare altri tre punti di osservazione - annuncia il presidente del Picchio Verde -. Un capanno lo vogliamo mettere rivolto verso il canneto, dove nidificano tante specie di uccelli, un altro nella zona del canale di irrigazione in ingresso e un terzo nel bosco. Quest’ultimo sarà un po’ più spartano e con feritoie più piccole perché deve entrare poca luce, dato che sarà dedicato alle fotografie e alle riprese video». Passa più di un’ora, nel capanno comincia davvero a fare molto caldo, ma il martin pescatore non si vuole far vedere. Paolo tenta con un trucchetto e fa partire un richiamo con il suo cellulare, dato che il canto del “Martino”, come lo chiamano loro, si sente proprio in mezzo al canneto dietro al punto di osservazione. Una, due, tre volte, ma niente da fare, il piccolo uccello dai colori sgargianti preferisce restare nascosto e ci lascia a bocca asciutta. Non importa, sarà per la prossima volta. È valsa comunque la pena di restare seduti in questo luogo di pace ad ammirare lo spettacolo della natura, accompagnati dal rumore del Brembo che scorre.

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