E questa volta i cugini bresciani ci hanno dato una bella lezione

I cugini bresciani questa volta l’hanno combinata bella. Hanno cambiato la faccia della città affidandosi ad uno degli artisti italiani più famosi e contesi nel mondo: Mimmo Paladino. Da qualche giorno chi arriva a Brescia fa i conti infatti con alcune presenze sorprendenti. La prima è quella che si incontra nell’atrio della metropolitana alla fermata della Stazione ferroviaria: una gigantesca terracotta di 80 metri quadri, che narra con oggetti concreti il mondo fantastico dell’artista. Ma la vera rivoluzione la si incontra nella piazza più centrale e anche più discussa della città. È Piazza della Vittoria, frutto di un gigantesco intervento di Marcello Piacentini in pieno fascismo, ottenuta spianando una grande fetta della Brescia medievale.
Qui Paladino ha portato sei opere tra le quali la gigantesca Zenith, scultura equestre in bronzo alta oltre 5 metri. Soprattutto Paladino ha osato riempire quel piedistallo che nel 1946 era stato liberato da una scultura simbolo del fascismo, il cosiddetto Bigio realizzato da Arturo Dazzi negli anni Trenta. Quel piedistallo era rimasto vuoto un po’ a memoria di quella stagione drammatica. Ora invece Paladino ha portato un’opera che, negli accordi con il Comune bresciano, resterà lì per vent'anni. Un’opera realizzata ad hoc: un’imponente figura in marmo nero che non vuole essere celebrativa di nulla, ma semmai vuole ricordare lo spavento di qualsiasi dittatura.
Il percorso bresciano poi riserva sorprese nel cuore monumentale della città, perché Paladino ha portato venti testimoni tra le colonne del Capitolium, il tempio che è un reperto eccezionale della Brescia romana. L’elenco delle presenze dell’artista in città può continuare a lungo, visto che sono ben settantadue le sue opere in questo progetto.
Ma come ha fatto Brescia a mettere in piedi una realizzazione tanto ambiziosa e impegnativa e ad attirare così l’attenzione ammirata di tanti operatori e amministratori da tutto il mondo? E manca ancora un dettaglio importante a quanto sin qui raccontato: tutta l’operazione è stata a costo zero per le casse comunali. Brescia infatti ha fatto squadra nel vero senso della parola. Innanzitutto ha dato grande qualità alla Fondazione Brescia Musei, affidandola alla presidenza di Massimo Minini, uno dei maggiori galleristi italiani, che ha messo sul piatto l’autorevolezza dei suoi rapporti. In secondo luogo ha chiamato i privati a sostenere un’operazione, convincendo tutti che una simile nobilitazione culturale e internazionale della città sarebbe andata a beneficio di tutti.
Così è intervenuto il Gruppo Santa Margherita come sponsor principale, ma fondamentali sono stati gli apporti delle imprese bresciane che come sponsor tecnici hanno permesso la realizzazione di opere altrimenti costosissime (come i grandi Specchi Ustori in ottone di cinque metri di diametro): un modo di mettere in vetrina le eccellenze dell’imprenditoria del territorio. Inutile dire sono già annunciati picchi turistici per l’estate. Tutto questo è accaduto a Brescia. Non potrebbe accadere anche a Bergamo?