È sbarcata anche in Italia

Cercate la vostra anima gemella? L'app Raya, al 90%, non vi accetterà

Cercate la vostra anima gemella? L'app Raya, al 90%, non vi accetterà
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Se trovare un partner è difficile per i comuni mortali, la situazione si fa ancora più complicata per le star, che, diversamente da quello che si potrebbe pensare, in molti casi stentano a trovare l’anima gemella. Ad aiutarle, dal 2015, è arrivata Raya, l’app di dating online basata su criteri molto selettivi, che analizzano i potenziali utenti sulla base del loro successo, dell’aspetto fisico e del numero di follower su Instagram, oltre al numero di connessioni con altri utenti Raya. Anche se i due founder sostengono che passioni e connessioni siano le uniche due variabili in grado di influenzare l’ingresso nel mondo di Raya, la realtà non sembra essere questa. Belli, ricchi e famosi: questi sembrano essere, piuttosto, i tre must per chiunque voglia entrare nel circolo. Se si hanno pochi follower su Instagram, se non si fa un lavoro non creativo, se non si guadagna più che bene e non si è sexy, Raya resterà per sempre un sogno. Succede agli oltre centomila utenti rifiutati dai community manager, che selezionano sistematicamente gli accessi alla comunità online, nell’Olimpo di una Tinder per pochi eletti (al momento circa diecimila).

 

 

La privacy, del resto, è importantissima, tanto che gli utenti sono fortemente scoraggiati dal diffondere informazioni riguardo ad altri profili, mentre dei pop-up minacciano chiunque provi a fare degli screenshot. È proprio la privacy, unita all’esclusività, a differenziare Raya da ogni altra dating app, comprese quelle “di alto livello”, come ad esempio The League, la community per gli young professional belli e di successo. Nata nel 2015, Raya doveva essere, secondo le idee dei due fondatori (Daniel Gendelman e Mike McGuiness), un network globale di creativi, che si è però poi evoluto in una app di incontri, proponendosi come una Soho House del dating, la trasposizione online dei club esclusivi che negli ultimi vent’anni hanno spopolato nel mondo anglosassone e non solo. Se l’idea dei fondatori era quella di creare un network di persone dove si veniva scelti in base al proprio contenuto, a quello che si è e che si comunica, la situazione sembra essere loro sfuggita di mano, trasformando Raya in una comunità di attori, modelli, atleti, fashion designer e dirigenti del mondo del tech. L’autenticità dei profili è garantita dai community manager, che verificano la correttezza delle informazioni di ciascun utente, al quale, tra l’altro, viene chiesto anche di scegliere una canzone che lo rappresenti, nonché di nutrire il proprio profilo Instagram e Raya. Otto dollari al mese per entrare in una comunità esclusiva che richiede impegno e che i fondatori dell’app vorrebbero diventasse sempre più “viva”, nutrita anche di eventi offline, party esclusivi dedicati agli utenti più attivi.

 

 

Il numero dei membri è - ovviamente - tenuto segreto, anche se sembra che New York, Los Angeles e Londra siano le città con più iscritti. Da poco Raya è sbarcata anche in Italia, scelta dai due fondatori per la bellezza, la creatività e lo spirito imprenditoriale che a loro avviso si può trovare in città come Milano, Roma e Firenze. Lo scopo iniziale era quello di legare persone tra loro, aiutando chi ha certe passioni a trovare e riconoscere un proprio “simile”. Dalla comunità di creativi alla dating app il passo è stato breve, avvenuto con una naturalezza che sembra essere la stessa che sta ora portando app come Raya, The League e tutte le altre dating app “di livello”, a diventare acceleratori di discrepanze sociali, demarcatori di circoli chiusi che sembrano essere sempre meno propensi a contaminarsi con chi resta all’esterno.

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