L'esperta risponde

I consigli di Laura Adele Feltri: la casa «sartoriale», come un vestito su misura

Laura Adele Feltri traccia un excursus di come è cambiata nei decenni l’idea di abitare: sostenibilità ed eleganza le nuove parole d’ordine

I consigli di Laura Adele Feltri: la casa «sartoriale», come un vestito su misura
Pubblicato:

di Angelo Bosio

Il modo di abitare è cambiato nel tempo, i nostri nonni e bisnonni vivevano la casa in modo diverso e differenze notevoli hanno riguardato anche le diverse classi sociali. Facciamo un excursus dal passato fino all’oggi su questo argomento insieme a Laura Adele Feltri, esperta nella materia della casa e immobiliarista.

Una volta il novanta per cento della popolazione viveva nella campagna, fino al termine della Seconda guerra mondiale. Che cosa è rimasto di quell’epoca?

«C’erano le belle case padronali, la casa del fattore, le case dei mezzadri... via via più umili. La cucina era il centro della casa, spesso era anche l’unica stanza riscaldata dal camino. Negli anni Cinquanta si sono costruite altre stanze, è stata inserita la stufa, l’acqua in casa e il bagno. Il concetto di abitare da allora è cambiato, basta considerare il ruolo della cucina. Però ci sono aspetti che hanno resistito o che stanno tornando».

Laura Adele Feltri

I tanto amati rustici che molti cercano oggi giorno sono figli di questa epoca?

«Sì, molti di questi rustici risultano da ristrutturazione di case contadine, in genere quelle padronali. Ci sarebbe poi il discorso della cascine che erano come avamposti nella pianura, che potevano ospitare anche cinquecento, seicento persone. Alcune avevano anche la chiesetta e una piccola scuola per le prime tre classi elementari. Purtroppo molti di questi insediamenti sono stati abbandonati malamente, lasciati all’incuria e sono crollati. Pochi sono stati conservati e magari restaurati e valorizzati. Nella case agricole che sono state salvate troviamo ampie stanze come si usava una volta, la cucina come focus della casa attorno al quale ruotava tutto il resto. Il giardino era l’orto, le piante ornamentali erano in realtà i preziosi alberi da frutta».

Poi la campagna si è spopolata...

«Sì, le città si sono ingrandite e soprattutto sono cresciuti i sobborghi. La maggior parte della forza lavoro è entrata nelle fabbriche e nel terziario. È cambiato tutto. A fine anni Cinquanta sono nati i condomìni, è nata la logica dell’appartamento. Sono stati costruiti i quartieri popolari. A Bergamo abbiamo ad esempio Celadina, Valtesse S. Antonio e Monterosso, quartieri nati proprio come insediamenti popolari. Sono nate le case con il cucinino, il soggiorno, il corridoio su cui si affacciano le stanze. Il pianerottolo, le scale interne...».

In questo momento sono nati i primi loft?

«Bisogna aspettare fino agli Anni Ottanta, una moda che è arrivata credo dagli Stati Uniti. Ampi spazi, poche stanze. In questo modo si sono riutilizzate case di campagna, ma anche officine, laboratori artigianali che non producevano più nulla, che venivano chiusi».

Ci dica qualcosa degli anni Ottanta e Novanta.

«È stato un momento di benessere, si è sviluppato un certo gusto per il lusso e per l’esibizione del lusso. In quel periodo si è verificata anche la tendenza a uscire dalla città per trovare un po’ di verde, di spazio, soprattutto per le famiglie giovani con bambini. Complice di questo fenomeno era stato anche l’aumento dei prezzi delle abitazioni in città. Comunque, in quegli anni si assistette anche a un ripopolamento delle colline bergamasche, che possiedono un patrimonio immobiliare molto particolare, curato e a mio avviso anche bello esteticamente. Certamente oggi vengono rivisitate con nuovi standard abitativi e di gusto».

Giungiamo così agli anni 2000, un momento delicato in cui si è verificata la  bolla  immobiliare che portò al crollo di alcune banche americane con conseguenze anche in tutta Europa.

«È stato un momento drammatico che ho vissuto, salirono i tassi di interesse, molte famiglie non riuscirono più a rimborsare il mutuo, persero la casa. La crisi afferrò tutta l’economia. Ci si rifugiò negli affitti, in case più piccole... In tanti furono portati a risparmiare, ad accettare soluzioni economiche, anche per gli arredi».

Cosa è nato in questo periodo?

«In quegli anni di crisi si misero le basi delle nuove città, basta prendere Milano. Da lì è partita una rinascita, molte abitazioni sono state riqualificate, altre ne sono nate secondo criteri di sostenibilità e di eleganza, nelle città hanno preso piede in maniera più capillare bar e ristoranti».

E poi veniamo ai giorni del lockdown...

«Abbiamo vissuto lunghi giorni dentro le nostre case senza potere uscire, siamo entrati in sintonia con i nostri “rifugi”, li abbiamo gustati per bene, oppure li abbiamo rifiutati. Dopo quei giorni alcune famiglie hanno deciso di cambiare per avere una casa più vicina alle proprie vere esigenze. Comunque, credo che ognuno da quei giorni abbia tratto un insegnamento per vivere meglio la propria casa».

Quali nuove costruzioni sono state progettate e come dopo questo periodo buio?

«Assistiamo in questi giorni alla costruzione di appartamenti con veri e propri ingressi, che erano totalmente scomparsi nelle precedenti costruzioni, ingressi che vengono usati un po’ come le vecchie anticamere, per spogliarsi del superfluo, magari anche per togliersi le scarpe. Le case di oggi hanno ampie vetrate, perché desideriamo avere più luce naturale e meno artificiale. I loggiati tendono a sostituire i terrazzi scoperti, come se fossero “stanze all’aperto” per guardare il panorama, sentendoci comunque protetti dentro la casa, e magari per stendere i panni con discrezione. In certi casi, i loggiati vengono attrezzati con poltrone come se fossero dei salotti».

Cosa ci dobbiamo aspettare nel prossimo futuro?

«Io  adoro  tutte le  trasformazioni, vorrei che ogni casa fosse diversa da un’altra, per assaporarne la personalità di chi ci abita. Certamente nel prossimo futuro penso alla riqualificazione di quello che già esiste e non tanto a nuove costruzioni, perché una città non può espandersi senza limiti. Un fenomeno che riguarda tante città è la crescita del turismo e anche questo elemento condiziona il mercato immobiliare. Gli appartamenti turistici dovranno offrire un livello elevato di qualità».

Per concludere, si avranno “case sartoriali”?

«Sì, nel senso di case studiate su misura per chi andrà ad abitarci, con l’aiuto di un progettista di interni. Questo perlomeno per chi ha buone possibilità economiche. Per gli altri credo sia importante quello che si sta facendo per la riqualificazione edilizia, per rendere i vecchi edifici più adatti al risparmio energetico, per fare in modo che le città siano comunque più sostenibili».

Seguici sui nostri canali