La moda di "dare del tu" a tutti? Una falsa familiarità che appiattisce
Tu, Voi, Lei, un giro di pronomi personali da sapere usare a seconda delle circostanze e della persona con cui si interloquisce. Alle ultime generazioni, quelle che oggi hanno suppergiù tra i venti e i trent’anni, insegnavano ancora che tra amici e parenti si dovesse dare del Tu, alle persone più grandi e agli sconosciuti del Lei. Le generazioni che sono nate prima, invece, imparavano subito che il Voi si impiega tra persone rispettate e da rispettare, anche se sono imparentate tra loro. Lo usavano tra di loro i mariti e le mogli, o i figli nei confronti dei genitori. Il Voi si usava tra estranei, con i coetanei, a seconda dei casi e del tipo di rapporto, più o meno amichevole. Era una regola che si conosceva quasi senza bisogno di studiarla sui libri. C’erano e forse ci sono ancora i ragazzini che sentono il passaggio dalla scuola elementare a quella media come il passaggio dal Tu al Lei – le persone mature e anziane di oggi davano però del Voi anche alle rispettatissime maestre.
Ultimamente, tuttavia, si è assistito a un pericoloso appiattimento della varietà pronominale allocutoria alla sola seconda persona singolare. La semplificazione, un aspetto ineludibile e importante di ogni processo comunicativo (il cosiddetto “principio di economia” di cui parlò per primo il linguista André Martinet), sta diventando mero semplicismo: tutti stanno diventando dei “Tu”, qualsiasi sia la loro età e qualunque sia il tipo di rapporto che li lega con la persona con cui dialogano. Ovviamente il processo non si è ancora concluso e non è completamente generalizzato. Non si è ancora “cristallizzato”. La tendenza però c’è, ed è una forte tendenza. Umberto Eco lo scrive sulla Repubblica e ci mette in guardia: dare a tutti del Tu in modo indiscriminato compromette la memoria storica e l’apprendimento. Una falsa familiarità, inoltre, rasenta la mancanza di rispetto.
Rinunciare alla differenziazione Tu/Voi/Lei significa rinunciare alla consapevolezza (storica) dell’uso accurato dei tre pronomi. Eco spiega con dovizia di particolari: le lingue classiche conoscevano solo una forma allocutoria, il Tu; nel Medioevo si passò al Vos come formula di rispetto, poi le cancellerie rinascimentali cominciarono ad usare il Lei. Il regime fascista «aveva giudicato il Lei capitalista e plutocratico e aveva imposto il Voi. Il Voi veniva usato nell’esercito, e sembrava più virile e guerresco, ma corrispondeva allo You inglese e al Vous francese, e dunque era pronome tipico dei nemici, mentre il Lei era di origine spagnolesca e dunque franchista». Le tre forme fanno parte della storia della nostra lingua e del nostro Paese. Nella tradizione d’oro della letteratura italiana (gli esempi sono di Eco), Dante usa il Lei in segno di deferenza, Manzoni dosa i pronomi in modo da suggerire il tipo di rapporto esistente tra i personaggi, rivelandone attitudini e stati d’animo. Passare dal Voi al Tu, ad esempio, implica disprezzo. Si rilegga lo scontro tra Don Rodrigo e Fra Cristoforo, nella scena che vede il confessore recarsi dal signorotto per pregarlo di lasciare stare i due giovani innamorati. Ma non è solo una questione di cultura letteraria: nelle campagne si parlava a un Voi e a un Lei, non meno che sulle pagine dei libri.
Come nota il professor Eco, usare il Tu rivela una scarsa conoscenza della lingua italiana, nonché uno scarso bagaglio culturale. Di conseguenza, si tende ad essere tenuti in minore considerazione dalla persona, o dalle persone, con cui si parla. «Gli extra-comunitari usano il Tu con tutti, anche quando se la cavano abbastanza con l’italiano senza usare i verbi all’infinito. Nessuno si prende cura degli extracomunitari appena arrivati per insegnare loro a usare correttamente il Tu e il Lei, anche se usando indistintamente il Tu essi si qualificano subito come linguisticamente e culturalmente limitati, impongono a noi di trattarli egualmente con il Tu (difficile dire Ella a un nero che tenta di venderti un parapioggia) evocando il ricordo del terribile “zi badrone”», chiosa Eco. E non sono solo gli stranieri, ad avere problemi di questo tipo. Lo hanno i giovani e i giovanissimi e probabilmente anche gli insegnanti di Italiano L2.
Le persone sono diventate tutte dei Tu, indiscriminatamente. Ci siamo lasciati coinvolgere da una strana dinamica, per cui presumiamo di conoscerci un po’ tutti (anche se non ci si è mai visti prima), quasi negando che ogni identità presenti dei caratteri singolari e unici. Sarà l’effetto dei social network usati come surrogati della vita reale, sarà che è venuta meno la voglia e il desiderio di sostenere la fatica di scoprire l’altro. Insieme alla deferenza formale (e in parte sostanziale) nei confronti dei “grandi” e degli anziani, stanno venendo meno anche appellativi cortesi come “signorina”, o “signora”. In compenso, i giovani sono diventati tutti “tipi” o “tipe”- non è chiaro che cosa tipizzino, forse qualche archetipo umano variamente connotato in base a generi musicali, tipo di vestiario, linguaggio più o meno gergale. Il Tu e l’Io ci fanno muovere su un piano esclusivamente orizzontale – fatto che non è di per sé negativo; non è negativo, ad esempio, se il Tu e l’Io in questione sono due persone entrate in tenera intimità tra loro. Diventa un fatto negativo quando l’orizzontalità diventa assoluta. Quando manca la verticalità del prestigioso Lei, del rispettoso Voi e del colto, ironico se usato in certi contesti, Ella.