Pensieri segreti di una commessa Anche in ferie non è mai in ferie

Ve la ricordate la riunione per la decisione del piano ferie? Nessun morto, nessun ferito apparente, il capo reparto è contento e soprattutto ignaro dell’astio sotterraneo che si è generato. Comunque, a volte anche noi commesse giovani e senza figli (quindi senza nessun diritto in merito alle ferie, ricordiamolo) riusciamo a ottenere ferie sensate. Settembre o maggio sono per noi mesi accettabilissimi. Il clima è ancora piacevole, i prezzi sono bassi e non vediamo proprio l’ora di andarcene dal negozio (io accetterei le ferie anche a novembre, tanto per dire).
Fatto sta che è successo, siamo in vacanza! Relax, e soprattutto niente clienti che ci fanno domande ovvie o assurde. Tutto va per il meglio, non pensiamo affatto al lavoro e possiamo dedicarci ai nostri passatempi: dormire, leggere, passeggiare, stare in silenzio e solitudine, progettare un attentato al nostro supermercato. Cose rilassanti insomma. Fino a quando capita che dobbiamo entrare in un negozio. Purtroppo le esigenze fisiologiche ci costringono a mangiare e a bere, e le possibilità dateci dal nostro magro stipendio non ci consentono di andare sempre al ristorante. Se poi per caso dobbiamo comprare ciabatte o vestiti siamo spacciate. Dobbiamo entrare in qualche negozio.
Ci troviamo inevitabilmente dalla parte del cliente, ma non siamo più clienti. Nossignori. Se hai fatto la commessa almeno per un pochino, la tua vita è cambiata per sempre; non sarai mai più una cliente come “loro”. Entrando quindi in un negozio, la prima cosa che farai sarà certamente salutare la cassiera con un bel sorriso, prima ancora che lei ti saluti come vuole il galateo del venditore. Attenzione, la collega, ignara che tu sei parte della stessa categoria, potrebbe avere un coccolone. Abituata com’è allo sgarbato medio, penserà nell’ordine: a) c’è qualcuno alle mie spalle che conosce; b) è psicopatica; c) stanno cercando di rubare la cassaforte. A volte fanno suonare anche l’allarme, state attenti.
La commessa in vacanza avanza quindi tra gli scaffali, ma tanto ormai si è dimenticata quello che stava cercando di comprare. Probabilmente se vedete una tizia che passa e ripassa parecchie volte davanti a uno scaffale con postura da generale Custer non è una cliente indecisa che valuta i prodotti in esposizione, ma una commessa che valuta l’esposizione dei prodotti. Ebbene sì, lo ammetto. L’ansia della commessa, il perfezionismo dell’addetto vendita, si impossessa anche di me, che quando lavoro vorrei invece compiere atti terroristici gravissimi quali scambiare tutti i cartellini dei prezzi. A volte mi sono sorpresa a raddrizzare qualche scatola di detersivo, o ad allacciare qualche scarpa. Ma poi basta, lo giuro. Sono sempre uscita prima di iniziare a riordinare le ceste dei calzini. Mi è capitato infatti di vedere persone sdraiate a terra che sbirciavano sotto le pedane o che cercavano di vedere la polvere in controluce sopra a un espositore, giusto per trovare qualche pecca nei negozi altrui. Che dire poi delle scarpe in esposizione? Non potrò mai più comprare scarpe senza notare se quelle esposte sono tutte destre, se sono allacciate e se le scatole sono in ordine di taglia. Per non parlare poi di quando trovo le scatole con i calzini di prova vuote. Sono invalidità derivanti dal mestiere che nessuno considera, ma che spesso impediscono a una commessa di entrare in un negozio dove i vestiti non sono sistemati per colore.
Quello che però ti dà più soddisfazione, se sei una commessa in incognito, è cogliere in flagrante i clienti mentre combinano guai. Passeggi tra le corsie e ti imbatti in qualcuno che ha rovesciato il latte, o che ha tirato giù tutte le scatole di pastelli, o che sta rubando stringhe. Lui non sa chi sei tu. Ma tu sai benissimo chi è lui: è quello che ti costringe e pulire dove hai appena passato, quello che ti mette a soqquadro le ceste a due minuti dalla chiusura, quello che ti chiede dove sono i saldi proprio sotto il cartello “SALDI”. Quindi succede che il nostro eccellentissimo esemplare venga beccato, per esempio, mentre fa crollare una pila di scatole di biscotti in offerta (perché giustamente lui ha deciso che voleva proprio la scatola centrale). Tu lo cogli proprio durante il crollo. Quando ti vede pensa che tu sia un suo simile, cioè un cliens neanderthalensis e quindi, senza fare una piega, mette la scatola nel cestello e scavalca il disastro che ha combinato, andandosene per la sua strada.
Quando succedono queste cose, tu, che durante il servizio ovviamente devi stare zitta e subire, hai quasi un orgasmo e non puoi non vendicarti. Gonfi i polmoni e lo insegui, aspettando che nei paraggi ci sia una tua collega e urli: «Mi scusi signore, le è ACCIDENTALMENTE caduta qualche scatola di biscotti». La commessa vede lo scempio, lui arrossisce e tu ti senti la Giovanna d’Arco di tutta la categoria. A questo punto, però, il mio buonsenso mi consiglia di uscire e tornare alle mie vacanze, prima che qualche collega mi scambi per un mistery shopper e mi elimini.