Disperazioni condivise

Pensieri segreti di una commessa La povera moglie del sommelier

Pensieri segreti di una commessa La povera moglie del sommelier
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Pensavate fosse finita lì con il caro sommelier? Invece no. Questo articolo vuole essere consolatorio per tutte le colleghe, giacché in tutte le situazioni esiste sempre chi se la passa peggio. Pensate alla moglie del sommelier. Immaginate tutte le cene al ristorante, o a casa di amici, quando inevitabilmente viene stappata una bottiglia di vino. La moglie dell’esperto, se non è già astemia, lo diventa per rigetto.

Entrano insieme al supermercato, evento straordinario perché di solito fanno spese separate. Nella routine settimanale, lui compra il vino; tempo stimato quattro ore. Lei compra tutto il resto, dall’olio dell’auto alla schiuma da barba; tempo della prestazione, trentacinque minuti. Oggi sono insieme perché hanno organizzato una cena a casa e ovviamente bisogna scegliere il vino. La moglie viene coinvolta perché ovviamente in casa non hanno nemmeno un bicchiere. Lei ovviamente dissente, ricordando al marito che nella lista nozze c’era un set di bicchieri da settantaquattro in cui certamente erano compresi anche i calici da vino. Ma stiamo scherzando? Non si possono certo usare bicchieri così vecchi che sicuramente alterano il gusto del vino con quello della polvere. Lei non lo riesce a convincere nemmeno con la promessa di utilizzare la soda caustica per lucidarli; servono altri bicchieri.

 

 

Mentre lui perlustra le corsie cercando la bottiglia migliore per stupire i suoi amici (che tendenzialmente sono bevitori di Tavernello in cartone da cinque litri), lei rassegnata va a cercare i bicchieri. Afferra qualche calice dal reparto stoviglie, controllando accuratamente che non siano rigati, pena la separazione immediata alle casse del supermercato. Li porta dal consorte, che nel frattempo sta filosofeggiando con la solita scaffalista sfortunata sul colore del vino bianco, denigrando tutto uno scaffale di gradazioni “bianco carta”. La moglie appoggia i calici nel carrello. Lui li prende. Li esamina velocemente e poi le dice, come se reggesse in mano dei bicchierini da caffè: «Cosa me ne faccio di questi?». La consorte legge la dicitura sulla confezione. Eppure dice proprio “Calici da vino”.

Non volendo discutere oltre, torna indietro e ne prende degli altri, questa volta più pregiati, facendo attenzione che abbiano il gambo abbastanza sottile e che facciano plin se si colpiscono con l’unghia. Intanto il degustatore ha chiesto alla nostra commessa di mostrargli dove tengono i vini bianchi “generosi”. L’addetta e la moglie iniziano a provare solidarietà; lui prende i bicchieri e li guarda. Fanno plin. Bene, lui sorride. La moglie tira un sospiro di sollievo. Ma poi li guarda in controluce. Lei si mette le mani nei capelli, la scaffalista indietreggia, non si sa mai. «Questo bicchiere non va bene, distorce il colore, guarda che fondo torbido. Poi come faccio a distinguere il giallo verdolino dal giallo paglierino?». La moglie lancia uno sguardo alla commessa, che per tutta risposta allarga le braccia come a dire “l’hai sposato tu”.

 

 

Lui frattanto sta ovviamente estraendo bottiglie dagli scaffali per, secondo lui, confrontare il pregio delle etichette, ma non tenendo conto dello sfregio che sta facendo a ben due donne contemporaneamente. La moglie nel frattempo ritorna con altri bicchieri, questa volta confezionati a uno a uno in scatole prestige, con lo stelo così sottile che quasi è d’obbligo la cannuccia per bere. Lui ne prende uno e ripete il suo rito sacro. Gira, rigira, controluce, plin, sfrega il bordo. Le due donne sono in ansia. La commessa vuole sapere quando potrà staccare e andarsene a casa, la moglie se soffocarlo nella notte o no. Alla fine del balletto lui dice: «Non ci siamo. Questo bicchiere non è scheggiato». Sguardo perplesso. No dai, è la stanchezza, hanno capito male. «Certo signore, è nuovo, non è mica rotto» dice la commessa, anche un po’ risentita. «Finalmente abbiamo trovato il bicchiere perfetto, caro. Su andiamocene a preparare la cena». «No, non va bene. Il fondo del bicchiere deve essere scheggiato». La moglie sta per afferrare una Magnum e scheggiare il cranio del suo degustante marito, ma la scaffalista la ferma, chiedendo un sacrosanto: «Ma perché?». «Ma per apprezzare il perlage, no? Come possono le bollicine essere stimolate da una superficie così impersonale? Anche il bicchiere deve avere il suo carattere, altrimenti il vino perde di schiettezza».

Dopo quest’ultima affermazione, la commessa prende una bottiglia di vodka e la mette in mano alla consorte. Tieni, la carta oggi consiglia questa come accompagnamento alle cene con i sommelier. Lei per contro prende le chiavi dell’auto, scarta i calici “senza carattere” e dona loro una bella personalità con gesti esperti. Prende la vodka, prende un litro di Freschello e trascina via il marito sbraitando aggettivi non esattamente eleganti.

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