«Conciata così sembri un salame»

Pensieri segreti di una commessa Madre e figlia fanno shopping

Pensieri segreti di una commessa Madre e figlia fanno shopping
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A tantissime di voi, che ricoprono il ruolo di figlie più o meno trentenni, per la festa della mamma è venuta l’originalissima e per nulla stereotipata idea di festeggiare portando vostra madre a fare shopping. Quale miglior modo di festeggiare se non passare ore e ore a provare tantissimi abiti/accessori, vagare per le vetrine inutilmente o litigare davanti alle commesse? L’idea di spendere un po’ di tempo con vostra mamma è davvero lodevole, altro che fiori e cioccolatini che tanto fanno solo venire l’allergia o alzare la glicemia. E poi, confessatelo almeno a voi stesse, sperate che lei, felice per il tempo passato con la sua bambina, apra il portafogli e paghi. All’insegna dei vecchi tempi, quando avevate tredici anni e nessuna autonomia economica per vestirvi da sole. Ma tenete a mente che se è proprio da quando avevate tredici anni non andate a fare shopping con vostra mamma, probabilmente un motivo c’è.

 

 

Scenario numero uno: lei non approva il vostro stile di abbigliamento. Se voi amate vestirvi come una ballerina di burlesque e vostra madre sognava invece per voi una vita in abiti castigati, forse non è il caso di chiederle un parere. «Come mi sta?», chiede la giovane provandosi un abito che ha meno stoffa del mio fazzoletto. La genitrice cerca di gestire lo sconforto al meglio, ma la legge di natura dice che le madri non possono dire le bugie e così risponde: «Non è fine». In gergo mammesco, sappiatelo, dire che un abito non è fine equivale a dirvi che vi state vestendo come una meretrice di infima categoria. Inutile, care figlie, che vi arrabbiate; se da quando la vostra pubertà vi ha spinto verso un vestiario succinto vostra madre vi ripete che non siete fini, per lei non lo sarete mai. A meno che assumiate il guardaroba di Maria Goretti. Perché quindi darle questo ulteriore dispiacere? Perché non lasciarle credere che in realtà siete diverse e in ufficio ci andate vestite come una vedova del XIX secolo?

Scenario numero due: vostra madre è troppo sincera. Le hanno tolto il filtro, o non ce l’ha mai avuto. Questo può essere anche un pregio, perché così siete sicure che nessuna delle commesse tenterà di rifilarvi capi di abbigliamento che vi fanno sembrare un quadro cubista. Però se siete permalose, io eviterei di cacciarvi in giornate del genere. La figlia sovrappeso entra in negozio e inizia a scavare tra i capi per trovare la taglia che le possa entrare; ovviamente non guarda mai per davvero la taglia giusta, quindi tutto ciò che prova grida aiuto. La figlia entra in camerino e si mette dei leggins e una maglietta di lycra che forse le potevano andare bene in prima media. Sarà il clima della giornata revival a spingerla a farlo? Comunque la madre, appena lei tira la tenda per farsi vedere, non ha dubbi sul verdetto da dare: «Té mé somèet ü salam!» (sì, lo dice proprio in bergamasco, che è la lingua della sincerità). Come commessa che orbita lì attorno per sistemare il negozio, vorrei inchinarmi davanti alle madri che possono dire con tutta l’enfasi che vogliono ciò che a noi sarà sempre precluso dalla cortesia commerciale. È ora che qualcuno affermi con decisione che se portate una 48 è inutile che vi scegliate una 40. Indossate una 48 e sarete bellissime e soprattutto senza lacci emostatici sul corpo. La figlia, proprio come un’adolescente in esubero ormonale, si infuria e si offende perché la madre non le fa mai un complimento. «Dovresti dimagrire per metterti quella maglia», dice la madre continuando a essere sincera oltre ogni limite, dallo scranno sicuro della sua menopausa che ormai la mette al riparo da questi commenti sulla linea. Con scarsa empatia, la genitrice continua a elargire sacrosanti consigli che però fanno evolvere l’acquisto in tragedia. Nessuna delle due comprerà niente, ma vi allargheranno un sacco di capi prima di uscire litigando dal negozio.

 

 

Scenario numero tre: stavolta anche la madre si prova degli abiti. La sintonia sembra essere perfetta, entrambe si provano vestiti, si consigliano sulle taglie, sui colori, sugli abbinamenti. «Guarda che bel rapporto madre e figlia!», pensa la commessa stupita. La cassa si riempie di capi che la commessa piega e tiene da parte. La figlia si sente una buona figlia nel vedere la madre che si diverte e condivide con lei questa atavica passione. Quando sono appagate vengono verso il banco, ed è qui che si vede la vera esperienza. «Io devo andare in bagno, tu fai», dice la madre a mezza voce quando sono arrivate a circa due metri dalla cassa. E veloce come un furetto si dilegua, lasciando la figlia con una montagna di roba da pagare. Avete voluto venire a festeggiare al centro commerciale? Del resto dalla mamma c’è sempre qualcosa da imparare.

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