Non chiamatele più scatole Il packaging è quasi un'emozione
Sono ormai diversi anni che nel mondo del marketing - ma ormai sempre più anche nel linguaggio comune - si usa parlare di packaging. Di cosa si tratta? In realtà con questa parola si usa indicare la confezione, l’imballo o il contenitore che conserva e protegge gli articoli esposti nei negozi o nei supermercati. Una qualche forma di packaging, naturalmente, è sempre stata utilizzata per contenere e proteggere i prodotti.
Alcune di queste sono storiche, addirittura divenute col tempo veri e propri oggetti da collezione. Tra le più note, si possono ricordare le scatole in latta che contenevano le caramelle Sperlari o Leone, i biscotti Lazzaroni o Plasmon e tante altre marche famose che per anniversari o ricorrenze hanno scelto di inscatolare i loro prodotti in alcune confezioni “speciali”.
Oggi però l’imballo di un prodotto non si limita più al semplice scopo di confezione ma viene utilizzato come un importantissimo strumento di informazione, praticamente un media pubblicitario portatile e facente parte del prodotto stesso. Ma non solo. La scatola non è più solo un dettaglio, un involucro che protegge l’articolo che contiene, ma un tratto distintivo del prodotto che può significativamente influenzare la scelta del suo acquisto. È per questa ragione che sono drasticamente aumentati gli studi sul tema packaging, oltre che gli uffici all’interno delle aziende che si occupano unicamente di questi progetti.
Packaging emozionale. È evidente che in un contesto di mercato dove l’offerta eccede in maniera significativa la reale domanda di beni, il packaging è ciò che può davvero fare la differenza. Quest’aspetto è quindi divenuto una variabile strategica di marketing sempre più approfondita e studiata dalle aziende. Da sempre le funzioni degli imballi sono state: identificare il prodotto, rafforzare l’immagine della marca, differenziarlo dagli altri prodotti sullo scaffale e fornire utili informazioni.
Ma recentemente si può dire che se ne sia aggiunta un’altra: garantire un’esperienza indimenticabile d’acquisto ai propri consumatori. Proprio su quest’ultimo aspetto le aziende stanno concentrando i loro sforzi. Provate a pensare di trovarvi davanti a uno scaffale dove ci sono due confezioni di biscotti, una dai colori tenui, con un’immagine banale e già vista su mille altre confezioni. L’altra, invece, con un design nuovo, colori accesi e stimolanti, oltre che scritte e immagini davvero accattivanti. Il cliente davanti a quello scaffale, quale sceglierà? Senza ombra di dubbio, immagino che chiunque risponderebbe la seconda scatola.
Lo studio del colore, del disegno, delle immagini, delle forme, non sono più quindi aspetti lasciati al caso o scelti senza particolare attenzione. Al contrario sono lo specchio del prodotto, del significato che l’azienda vuole veicolare, del valore stesso di ciò che contiene. Ma soprattutto è la prima porta che permette l’incontro con i propri consumatori e quindi di un rapporto – che ogni azienda spera il più durato possibile – con loro. Tutti i dettagli, anche quelli più minimi, sono studiati con lo scopo di intercettare i consumatori, di “agganciarli” e stupirli in modo tale che ogni aspetto del prodotto che hanno acquistato li renda contenti.
Il caso Apple. L’attenzione e la cura verso i minimi dettagli è cosa ben nota in casa Apple e il packaging non poteva quindi essere escluso o trascurato. La grande qualità delle confezioni ideate dalla mela morsicata è frutto dell’enorme lavoro da parte di alcuni tecnici dell’azienda, che è stata anche una tra le prime a poter vantare un laboratorio totalmente dedicato ai test e all’ideazione delle scatole dei dispositivi. C’è addirittura un libro, Inside Apple (uscito nel febbraio del 2012) che racconta la (quasi) ossessione di Apple verso il packaging. Adam Lashinsky, autore del testo, descrive la stanza adibita a questi studi come un luogo costantemente pieno di centinaia di “prototipi”, in modo che i vertici di Cupertino abbiano in ogni momento la possibilità di scegliere quello che secondo loro sia il più adatto al prodotto e in grado di garantire l’esperienza migliore all’utente finale in fase di apertura.
Giusto per farsi un’idea, nel caso dell’iPod è stata raggiunta la cifra record di 200 brevetti. Ma perché spendere tante energie per un particolare che a molti potrebbe sembrare di scarso interesse? In casa Apple è ferma la convinzione che tramite il packaging si debba trasmettere l'idea di fondo e la missione che accompagnano un prodotto, quasi ad un livello emozionale. Il momento dello spacchettamento di un prodotto, infatti, secondo Steve Jobs, era parte cruciale dell’esperienza di acquisto, un momento unico, importantissimo, in cui il cliente viene a contatto con il prodotto che ha tanto desiderato. E così il packaging diventa l’ultima vetrina entro cui rimirare e poter vedere da vicino il proprio acquisto qualche istante prima di prenderlo finalmente in mano e iniziare a usarlo.