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10 frasi dei bergamaschi a scùa

10 frasi dei bergamaschi a scùa
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Lo scenario di solito è il bar, ma può essere anche una tavolata familiare trasformata in sala da gioco oppure lo spazio all’aperto di un’osteria. È qui che si svolgono tenzoni epiche, con liti apocalittiche che durano lo spazio di un bicchiere di vino. L’oggetto delle dispute è il gioco delle carte, che diventa un gioco delle parti dove ciascuno recita il proprio ruolo, dall’osservatore al protagonista, dal filosofo al commentatore. Una cosa li accomuna: la convinzione assoluta di avere ragione.

 

1) Perchè te sét gnìt fò de sèt?

È una domanda retorica, che precede una severissima reprimenda dell’incauto che ha compiuto l’efferata e colpevole azione. In un climax ascendente da tragedia greca, il poveretto verrà letteralmente subissato dagli insulti. [Trad. Perché sei uscito col sette?]

 

 

2) A s’fà a la svèlta a parlà

Avviene spesso che i numerosi astanti, a fine partita o addirittura dopo ogni mano, esprimano dissenso sulle scelte effettuate dai giocatori. Da qui, la risposta secca che tronca ogni discussione. [Trad. Si fa alla svelta a parlare]

 

 

3) Zöghe con te dóma se te se ‘ncàsset mia

Prevenire è meglio che curare, e qualcuno mette le mani avanti, prima di scegliere un compagno notoriamente rissoso. È inutile dire che questi si fingerà un agnello, per poi esplodere a partita finita. [Trad. Gioco con te solo se non ti arrabbi]

 

 

4) A l’te convé stà a cà

Condanna espressa dall’amico esasperato che rimprovera al compagno di gioco una condotta di gara digiuna dei concetti basilari della scopa. Nessuno, a dire la verità, prende alla lettera il consiglio. [Trad. Ti conviene stare a casa]

 

 

5) A’ che m’sé nóter de mass!

Dopo una scelta infausta, il più abile dei due comincia a insinuare il dubbio che il compagno non abbia neppure tenuto a mente chi ricopre l’importantissimo ruolo del mazziere. Anche qui, siamo di fronte all’avvicinarsi di un’esplosione. [Trad. Siamo noi in turno di mazzo]

 

 

6) A m’và ai vintü o vintesìch?

La domanda, apparentemente ingenua, è di chi vede gli avversari avvicinarsi pericolosamente al traguardo della vittoria, e tenta di procrastinare la prossima resa. Con risultati scarsi. [Trad. Andiamo a ventuno o venticinque?]

 

 

7) Làssega fa la scùa!

Ci sono giocatori che ritengono un’offesa mortale subire una scopa, e per evitarla adottano tattiche di gioco dissennate che portano all’inevitabile sconfitta. Il compagno lo sa e li avvisa, con la dovuta fermezza. [Trad. Lasciali fare scopa]

 

 

8) A gh’ì sèmper in mà la polènta!

Attribuire le sconfitte alla sfortuna è un atteggiamento comune, soprattutto se si gioca a scopa d’assi e questi ultimi compaiono con particolare frequenza nelle mani degli avversari. Il più ambito è naturalmente quello di denari, base della maratona. [Trad. Hanno sempre in mano la polenta!]

 

 

9) M’à fàcc giösto i carte

Amara constatazione di chi ha privilegiato la quantità rispetto alla qualità, e si ritrova con un pugno di mosche, o di carte, in mano. Fa da contrappeso alle trattenute espressioni di giubilo dei rivali, pronti a tracannare gratis il bianchino in palio. [Trad. Abbiamo vinto giusto col numero delle carte]

 

 

10) T’é sbagliàt a segnà zó

Ultima risorsa degli sconfitti è l’accusare la scarsa memoria o abilità dell’addetto al tabellino, di norma uno dei quattro giocatori stessi. A volte l’insinuazione causa ostilità che durano generazioni. [Trad. Hai sbagliato a scrivere]

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