Non se ne vanno mai veramente

Dieci frasi dei bergamaschi quando fanno visita ai morti

Dieci frasi dei bergamaschi quando fanno visita ai morti
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Non sono più con noi, ma non se ne vanno mai veramente. Rimangono nei sogni, nelle memorie, negli atteggiamenti e nelle parole che ci hanno lasciato come eredità viventi. Sono i nostri morti, ricordàti un giorno e pensati per sempre. I mormorii raccolti nel silenzio di un camposanto, nel corteo funebre che  lentamente si scioglie o negli immediati dintorni di una camera ardente hanno però un contenuto sorprendente. La vita che continua, qui o altrove.

 

1) L'à patìt tant?

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Una domanda che auspica e quasi richiede una risposta negativa. O addirittura il liberatorio “Al s'é gnach rincorzìt”. Più che un sollievo per la sorte altrui è una speranza per la nostra. [Ha sofferto tanto?]

 

2) I la pórta sö mercoldé

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C'è un anticipo di ascesi in questa informazione, la prima richiesta di chi ha saputo dell'evento. Partecipare poi al funerale è semplicemente l'ultima di una serie di condivisioni tra familiari, amici o conoscenti. [Lo portano su mercoledì]

 

3) A l' gh'à mai vüt negót

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Constatazione tra lo scientifico e il lapalissiano che lamenta l'improvvisa scomparsa di chi non ha mai visto l'ospedale nemmeno da lontano. Il lato positivo è che i propri malanni diventano, improvvisamente, curiose garanzie di sopravvivenza. [Non è mai stato ammalato]

 

4) Adèss che l' püdia gódes la pensiù

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Tra le coincidenze più amare, il decesso che segue a breve il primo giorno di pensione. Per questo molti di noi lo ritardano, lavorando ben oltre il limite definito dalla legge. [Adesso che poteva godersi la pensione]

 

5) Al sömèa 'nfina bèl

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C'è ammirazione per il lavoro delle pompe funebri, sollievo per le sofferenze ormai finite. E una sottile e ingenua malignità sull'aspetto del defunto da vivo. [Sembra perfino bello]

 

6) Pòta, l'è mia la nòsta cà

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Rassegnata e asciutta riflessione sulla caducità della nostra permanenza in questa valle di lacrime. Senza, peraltro, una fretta eccessiva di raggiungere la nostra vera casa. [Non è la nostra casa]

 

7) A parlàn de if…

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Premessa indispensabile per dare il via a una serie di commenti poco lusinghieri sulla personalità dell'estinto. In realtà è un modo come un altro per viverlo ancora come parte integrante della comunità. [A parlarne da vivo...]

 

8) A l'ghe n'à facc vèd assé a chèla fómna

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Tipica frase introdotta dalla premessa del punto 7 e ovviamente prerogativa femminile, tende a procrastinare una frettolosa assoluzione per i peccati legati alle passioni che, per tradizione, riducono l'uomo in cenere. [Ne ha fatte vedere a quella donna]

 

9) Te pórtet dré negót

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Riservato a giorni come il 2 novembre, o davanti a una tumulazione, è un rilievo che dovrebbe indurre a limitare il desiderio di beni materiali, e gli affanni per ottenerli. È un dato di fatto che però viene quasi subito dimenticato. [Non portiamo niente nell'aldilà]

 

10) La cèsa l'éra piéna

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Se esiste una misura dell'affetto o del valore reale di un defunto, è il numero di persone che ritiene doveroso accompagnarlo nell'ultimo saluto. Spesso non corrisponde al numero di chi, in vita, lo osannava pubblicamente. [La chiesa era piena]

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