Lingua madre

A Bergamo di befane ce ne sono tante, magari “bröte come ’l pecàt”

La vecchietta a cavallo di una scopa non esiste nel dialetto bergamasco. Ma le locuzioni che fanno riferimento a qualcosa di simile abbondano

A Bergamo di befane ce ne sono tante, magari “bröte come ’l pecàt”
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di Ezio Foresti*

La vecchietta che si aggira a cavallo di una scopa per deporre regali nelle calze da noi non ha molto seguito, perché è oscurata dalla fama di Santa Lucia. Anche nei vocabolari bergamaschi non se ne trova traccia, almeno nel senso tradizionale del termine.

Esistono tuttavia una pluralità di sinonimi che associano la Befana a personaggi poco piacevoli. Si parte da un termine noto a tutti i bambini di una volta per il minaccioso avvertimento dei genitori ciame ’l bào, il mostro immaginario che avrebbe dovuto ricondurre i figli sulla retta via. La parola compare anche nel noto gioco infantile del nascondino, chiamato bào cèt o bào cìpete.

Una locuzione che il Tiraboschi sintetizza con “befana” è bröta come ’l pecàt, che oggi sarebbe accusata di body shaming. Altro sinonimo di befana è bobó, “chimera o demone vagabondo che va di notte e di giorno, e con ischerzi e terrori suole impaurire i bambini”. Altro che vecchietta inoffensiva.

Meno nota è la bórda, maschera di cartapesta che per traslato indica anche l’orco, l’essere che incute terrore. Particolarmente curioso è carmàt, vocabolo ormai caduto in disuso come i corrispondenti italiani versiera e biliorsa. Il senso è più o meno sempre quello.

Troviamo poi gata córgna o mórgna, in ogni caso creature poco raccomandabili e particolarmente adatte a educare la prole all’obbedienza. Altro accostamento è quello con la dòna del zöch, spirito erratico di notturne e crudeli abitudini.

Si può dire che in terra orobica l’immagine della Befana è più vicina alla divinità celtica Perchta, o Berchta, moglie di Odino che diventò una strega e iniziò la sua nuova carriera di spauracchio dei piccoli. Se il 6 gennaio si sente qualcuno armeggiare nel camino, forse è meglio seguire l’antica raccomandazione di papà e mamma, e tenere gli occhi accuratamente chiusi.

*in memoria

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