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Addio partigiano Ivan. La Garibaldi vive ancora con Mario "Fufo" Aresi

Addio partigiano Ivan. La Garibaldi vive ancora con Mario "Fufo" Aresi
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[In apertura, alla Malga Lunga, da sinistra, Franco Limonta, Mario Aresi e Carlo Aresi]

 

Una vita dedicata al valore non negoziabile della libertà, sui monti e nei ricordi carichi d’orgoglio. Si è spento a Lovere, nella notte fra il 5 e il 6 marzo, il partigiano Ivan, all’anagrafe Franco Limonta, 92 anni. Ivan fu, negli Anni ’40, nei mesi successivi all’Armistizio dell’8 settembre 1943, fra i più attivi componenti della 53esima Brigata Garibaldi guidata da Giovanni Brasi, il comandante Montagna, legata all’area del Sebino, della Val Cavallina e dei monti della Val Gandino, compresi i tragici fatti della Malga Lunga del 17 novembre 1944.

 

[La Malga Lunga in una foto d'epoca]

 

Alla Malga Lunga, sede dal 2012 del Museo Rifugio della Resistenza Bergamasca, la tragedia si consumò quando alcuni reparti fascisti della “Tagliamento” riuscirono a catturare alcuni partigiani della 53esima Brigata Garibaldi guidati da Giorgio Paglia. Due di loro (il sovietico Ilarion Efanov “Starik” e Mario Zeduri “Tormenta”) vennero uccisi a pugnalate sul posto. Gli altri sei (oltre a Paglia, Guido Galimberti “Barbieri”, Andrea Caslini “Rocco”, Semion Kopcenko “Simone”, Alexander Noghin “Molotov” e “Donez”) furono fucilati quattro giorni dopo al cimitero di Costa Volpino. Due anni fa, proprio alla Malga Lunga, il partigiano Ivan aveva partecipato all’annuale commemorazione dell’Anpi, oggi guidata dal giovane Mauro Magistrati, primo presidente “non combattente” succeduto a Salvo Parigi. L’Anpi Bergamo conta ventisei sezioni territoriali e circa 1.740 iscritti. In quell’occasione, dopo decenni, Franco Limonta incontrò i fratelli Mario e Carlo Aresi, che con lui facevano parte della Brigata Garibaldi. Oggi Mario Aresi è l’unico superstite vivente (contrariamente a quanto riportato da L’Eco di Bergamo) di quel piccolo gruppo. Mario Aresi condivise con “Ivan” Limonta l’azione dell’11 luglio 1944 a Gandino, rimanendo ferito.

Il luogo in cui a Gandino furono uccisi due partigiani l'11 luglio 1944
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Il luogo in cui a Gandino furono uccisi due partigiani l'11 luglio 1944

La lapide per i partigiani uccisi a Gandino nel 1944
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La lapide per i partigiani uccisi a Gandino nel 1944

La Malga Lung ain due rare foto d'epoca (1)
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La Malga Lunga in una rara foto d'epoca.

Lapide alla Malga Lunga
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Lapide alla Malga Lunga

Quel giorno, in un agguato organizzato dai fascisti in località Cima Ripa, furono uccisi i partigiani Giovanni Cazzaniga “Maistrak” e Tolmino Fontana. «Alcune donne del paese – racconta Iko Colombi, studioso gandinese che ha raccolto testimonianze dirette sin dagli Anni ‘50 – avevano fatto conoscenza con uomini forestieri dall’apparenza distinta. Si dissero interessati a raggiungere in montagna le formazioni partigiane. Ottennero di incontrare all’allora Trattoria Trani il partigiano Giovanni Cazzaniga “Maistrak”, la cui famiglia risiedeva in zona. Arrivò accompagnato da un giovane cremonese, Tolmino Fontana “Magnanino”, da poche settimane sui monti. Era originario di Robecco d’Oglio (Cremona) ed ultimo di diciotto fratelli. Si rivelò una tragica imboscata: Cazzaniga fu ucciso immediatamente, mentre Fontana cercò scampo in una via vicina, ma, colpito alla schiena, fu finito alla testa. I corpi privi di vita restarono a terra: era mezzogiorno e volontà dei fascisti era far sì che gli almeno mille operai che uscivano dagli opifici vedessero la fine che spettava a quei fuorilegge».

 

[Mario Aresi a Gandino nel 2014 per la commemorazione dell'azione del 1944]

 

Nel 2014, a raccontare settant’anni dopo la tragica giornata c’era Mario Aresi, 92 anni di Gazzaniga. «L’11 luglio - ricorda Aresi (nome di battaglia Fufo) - eravamo scesi in quattro. Prima dell’arrivo in paese dovevamo dividerci: io e Cazzaniga saremmo andati all’appuntamento in via Opifici, mentre Antonio Forzenigo (Cacciatore) e Tolmino Fontana (Magnanino) si sarebbero recati alla trattoria Savoia, dei familiari di Forzenigo, per recuperare viveri. Solo all’ultimo decidemmo lo scambio di ruoli con Magnanino». Aresi e Forzenigo furono braccati sui tetti e nei campi di mais attorno alla scuola materna di Gandino. «Riuscimmo a riparare ancora in montagna - aggiunge Aresi -, dove c’era anche il mio fratello gemello Primo (Fufi). La sera organizzammo un’azione per vendicare la morte dei due compagni: nelle sparatorie rimasero feriti Battista Facchinetti (Athos), Stefano Caironi (Scalabrino) e Franco Limonta (Ivan). Quest’ultimo ricevette le prime cure nella villa dell’industriale Luigi Radici a San Lorenzo di Barzizza». Per l’omicidio di Gandino, il 3 settembre 1946 la Corte d’Assise di Bergamo condannò a 16 anni e 8 mesi (con il condono di un terzo della pena) Giuseppe Isoretti e Gaetano Perola, ex militi repubblichini della 612esima Compagnia Ordine Pubblico, la cosiddetta Banda Resmini. Con il partigiano Ivan se ne va un altro pezzo di storia, che ancora sopravvive in Mario Aresi e, soprattutto, nella libertà di cui tutti godiamo. Ogni giorno.

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