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Dopo aver vestito Naomi, Mitzi ora ci fa sognare in via Quarenghi

Dopo aver vestito Naomi, Mitzi ora ci fa sognare in via Quarenghi
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Foto di Sergio Agazzi

 

Mamma Anna le diceva spesso: «Avessi avuto un soldo per ogni matita consumata, saresti ricchissima». Mitzi Micalef, sua figlia, è una donna minuta e gentile, dal cui sguardo vivace trasuda un mondo di magia. Mitzi non fa l’artista, lo è. Entrando nel suo atelier in via Quarenghi si viene catapultati in un mondo altro, che profuma di grandi teatri, di eteree étoile della danza e delle passerelle dei più grandi stilisti. Ha iniziato a dipingere da bambina e non ha più smesso: «Dipingo tutto il giorno, impasto i colori e cerco sempre di guardare oltre. Forse - ci dice - è proprio questo che fa una pittrice: vede forme e colori, vede al di là e talvolta sogna. Per esempio, stanotte ho sognato una gonna con dei fiori e stamattina l’ho dipinta».

 

 

Dar forma e materia ai propri sogni e farne un mestiere che si amerà per sempre. Questo ci sembra di scorgere dal racconto lieve e straordinario di Mitzi, che non ha smesso un solo giorno di credere e procedere per la realizzazione del suo sogno. Dopo essersi diplomata al Liceo Fantoni di Bergamo, si iscrisse all’Istituto Marangoni, una scuola di moda fondata a Milano nel 1935 dal sarto Giulio Marangoni, dove si dedicò prevalentemente alla pittura su stoffa. Oggi l’Istituto Marangoni ha dieci scuole in otto città del mondo in tre diversi continenti; è diventato un colosso della promozione della creatività ed è riconosciuto come una delle migliori scuole di moda al mondo. Alla soglia dei suoi trent’anni, Mitzi un giorno esce di casa per un colloquio alla maison Gattinoni: porta con sé qualche disegno, alcuni scampoli di stoffa dipinti a mano e un pezzo di tessuto che, a detta sua, le era uscito proprio male. «Dopo quindici giorni, lavoravo per lui. Sai perché? Gli era piaciuto proprio quel lavoro che a me sembrava così brutto», spiega ridendo e racconta che da allora conserva quel quadrato di stoffa come fosse un amuleto, il suo miglior portafortuna.

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Mitzi si guarda indietro con soddisfazione, ma anche con grande leggerezza: non parla mai del suo talento (che a noi sembra straordinario), ma dice di dovere tutto alla sua buona educazione e all’essere stata capace di pazienza. «Mi è successo di cadere o di sbagliare. Ma a quel punto o piangi, o fai il gambero e torni indietro oppure ricominci tutto da capo. Io sono bergamasca e per me esiste solo l’ultima opzione». Tutte doti che hanno nutrito il passaparola fra i tanti stilisti che dopo Gattinoni l’hanno voluta con loro, come Balenciaga, Rocco Barocco o Gianfranco Ferré - che fece sfilare Naomi Campbell con un abito impreziosito dall’arte di Mitzi. Ma l’emozione più grande fu, forse, lavorare su un vestito di scena per Carla Fracci, idolo di sua mamma, anche lei danzatrice. Fu sempre la mamma a darle il coraggio di ogni nuova impresa ed ebbe ragione anche quando, prima di aprire la boutique le disse: «Vai tranquilla, è difficile ma vedrai che ce la farai». Ora nell’accogliente atelier di via Quarenghi, dove è appeso in bella vista il costume di scena della sua ballerina preferita, Mitzi propone abiti inediti disegnati e creati da lei - tutti pezzi unici - con stoffe eleganti e tulle, con dipinti cieli stellati, mari calmi, paesaggi innevati, volti e fiori.

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