Bergamo città di poche parole ma che oggi accoglie venti scrittori

Che Bergamo sia città di poche parole è cosa nota. Anche il dialetto è sincopato, conciso, per dire il più possibile con poco. Poche parole dette e anche poche parole scritte: città con una straordinaria tradizione dal punto di vista delle arti figurative, e con poche glorie dal punto di vista delle arti letterarie… Ma i tempi cambiano e anche i luoghi comuni vanno rivisti: oggi a Bergamo c’è una quantità sufficiente di scrittori da poter dar corpo ad un libro che racconta della città e soprattutto della sua gente firmato da ben venti autori diversi che in città o sono nati o ci vivono. Per questo Gente di Bergamo, curato da Paolo Aresi e appena uscito da Bolis è un libro capace di sorprendere.
Ma qual è l’identikit dello scrittore bergamasco? Difficile incasellarlo. C’è un 35% di donne. La gran parte sono della generazione anni 60. Quindi non scrittori alle prime armi. C’è lo scrittore-scrittore (come la star della raccolta, Raul Montanari, una ventina di romanzi alle spalle e formidabile traduttore della letteratura americana contemporanea); c’è lo scrittore regista e sceneggiatore di successo come Davide Ferrario: c’è lo scrittore giornalista come Cristiano Gatti, firma del Corriere della Sera; c’è la scrittrice di libri per bambini, Giusi Quarenghi, premio Andersen Italia 2006...
Già, ma quale Bergamo viene fuori da questi racconti? Gli sguardi ovviamente sono i più vari. Con un tratto distintivo: la prevalenza dei tipi umani rispetto al contesto e ai luoghi. Sono più le persone a dirci della città che non le piazze, le vie, i palazzi, le chiese e le case. Del resto questo era anche l’input, come il titolo chiarisce senza mezzi termini.
Non si parla di strade e di case, ma in questi racconti c’è sempre un’aria di casa. Un tono di familiarità che neanche la diaspora causata dalla frenesia della modernità riesce a scalfire. «A Bergamo sanno tutti chi sono. Tutti tranne me. Mi sono smarrito dentro», racconta il protagonista del racconto di Angelo Roma, un personaggio dalle tante ospitate televisive, emigrato a Roma, che ha lasciato Bergamo giovanissimo, con tanto di lettera di presentazione delle suore presso cui aveva studiato.
[Paolo Aresi, curatore del libro]
Il tema della partenza e della nostalgia è anche al cuore del racconto di Cristiano Gatti: un racconto autobiografico, molto divertente, che fotografa la stagione in cui da Bergamo ci si muoveva in cerca di fortuna o quanto meno di condizioni migliori. Suo padre infatti era partito per l’Australia con profondo trauma della mamma. La quale lo raggiunse due anni dopo via nave, e ogni giorno «senza saltarne uno» gli avrebbe ripetuto: «Me lo prometti che mi riporti a casa. Giura che mi riporti a casa» (imperativi, non domande, come si nota dalla punteggiatura...).
E non c’è solo la città, ovviamente. Perché Bergamo è più di una città. È un territorio. Come accade nel racconto di Raul Montanari, il più bello del libro, ambientato sulla sponda bergamasca del lago d’Iseo. Una storia drammatica, che trova il suo corrispettivo in quel lago «pieno di malinconie e di fantasmi, specie d’inverno, con le giornate corte e l’acqua gelida, l’aria un rasoio».
Notazione curiosa: sono pochissime le locuzioni dialettali nei racconti. 2016: Bergamo, Italia, si può ben dire...
Infine, è un libro che può essere contagioso. Tra le autrici c’è Adriana Lorenzi, che lo scorso anno ha pubblicato un romanzo dal titolo curioso: “La bergafemmina”. Viene voglia di andare scoprirla.