Il racconto di Aldo Ghilardi

Circolino di Città Alta, la casa di tutti

Circolino di Città Alta, la casa di tutti
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Per i giovani (e non solo) è un'istituzione, la stella polare della vita notturna di Bergamo Alta: merito del luogo suggestivo nel vicolo delle vecchie carceri di Sant'Agata, dell'infinita lista di birre, vini e liquori di ogni tipo, oltre che della buona cucina e dell’atmosfera accogliente, familiare e innegabilmente invitante. Non solo un locale dove bere e divertirsi, ma anche luogo di aggregazione per chiunque abbia voglia di un po' di ristoro o, perché no, di un giardino fresco e tranquillo in cui studiare. Da questo punto di vista non si può dire che il Circolino di Città Alta abbia bisogno di presentazioni.

Ma dietro al giardino e alle stanze dalle luci soffuse che tutti abbiamo imparato a conoscere e ad amare, c’è una storia fatta di passione, di fatica, di sacrifici e di pazienza. Una storia che inizia e continua con Aldo Ghilardi, l’uomo che per primo, insieme agli altri quattordici soci che nel 1981 fondarono la Cooperativa Città Alta, ha preso in mano quel lugubre e abbandonato luogo che erano le Carceri di Sant’Agata per trasformarlo lentamente e diligentemente nel nostro Circolino, e che ancora oggi è presidente della Cooperativa.

 

 

Quando arriviamo al Circolino, Aldo ci sta aspettando nel giardino. È seduto, con la barba incolta, la sigaretta in bocca e le gambe accavallate e rilassate, al centro di quel luogo che ha visto nascere e crescere dai sacrifici suoi e dei suoi soci. Una bella immagine, un marinaio di borgo, saggio e paziente, che si gode le sue conquiste dopo anni di brezze e burrasche. In Città Alta lo conoscono tutti: «Sono nato e cresciuto qui. Andare in città bassa è come andare all’estero per me!». Gli chiediamo di raccontarci il Circolino che fu, il Circolino che è e il Circolino che sarà, a cominciare da quell’8 maggio 1981 in cui è iniziato tutto: «Era una Città Alta molto diversa da oggi, un quartiere difficile, fatiscente, povero, in cui a un certo punto addirittura non si permetteva più agli anziani di sostare troppo a lungo nei locali, e in quel contesto abbiamo sentito la necessità di dare a quel quartiere un luogo di ritrovo, in cui tutti potessero sentirsi a casa. All’inizio era solo un modestissimo circolo per anziani, servivamo giusto i “calicini” a quelli che giocavano a carte. Nel 1989 invece, quando abbiamo smesso di affittare l’impresa e abbiamo iniziato a gestire direttamente il locale, abbiamo iniziato anche come ristorante, e poi pian piano siamo cresciuti, fino al Circolino che conoscete oggi».

 

 

Da allora di strada ne è stata fatta tanta. Nessuno scopo di lucro, soltanto il desiderio di offrire, con la stessa passione da trentacinque anni, occasioni sia di ritrovo sia di lavoro: la cooperativa occupa oggi circa cinquanta persone. Stando al bilancio, pubblicato ogni anno (lo si può trovare anche all'interno del locale), nel 2015 sono stati destinati 23.182 euro ad “opere sociali”, che vanno da collaborazioni con gli oratori, attività culturali, offerte pasti, spazi compiti, doposcuola, centri anziani e altre iniziative di vario genere. I soci della cooperativa a fine 2015 erano 1.190: «In una cooperativa non si possono distribuire capitali tra i soci, e comunque non è quello che vogliamo. Una parte degli incassi la utilizziamo per pagare i dipendenti, un'altra parte per le opere sociali e il resto per investire sul locale». Si parla, come riporta il bilancio, di 1.104.753 euro di valore aggiunto netto solo nel 2015, da cui, tolte le varie remunerazioni di dipendenti, di pubblica amministrazione, di capitale di credito e del movimento cooperativo, oltre che la parte destinata al finanziamento delle opere sociali, la cooperativa ha ricavato un utile di più di centoventimila euro.

 

 

Insomma, numeri importanti che hanno portato Aldo e gli altri soci a valutare la possibilità di ampliare ulteriormente questa bellissima creatura: «Il progetto di ampliamento è stato visionato dal Consiglio Comunale e approvato all'unanimità, ora si tratta di gestire alcune trattative con il Comune per le concessioni di valorizzazione, gli appalti e tutte quelle questioni che stanno dietro a lavori di questo tipo. L'obiettivo nostro è concludere entro la fine dell'anno tutti i preparativi e quindi iniziare i lavori. Il progetto è di recuperare due piani, e riportare alla luce alcuni affreschi che ci sono nell’edificio». Un altro passo per «trasformare un luogo di pena e di dolore, come le vecchie carceri di Sant'Agata, in un luogo di comunità, in cui stare insieme», come ci ricorda Aldo.

 

 

Anche adesso che Città Alta, da “terra di nessuno” come ai tempi della fondazione della Cooperativa, è diventata «un quartiere di seconde case e di turismo», per continuare ad essere quel punto di riferimento per sempre più persone, dai primi aficionados, i Lions Bergamo, la squadra di football americano che nel 1991 organizzava il cenone di Capodanno nel neonato Circolino, ai numerosissimi bergamaschi che lo hanno visto crescere, fino ai più giovani o ai forestieri che lo scoprono ogni giorno. Un sogno divenuto realtà, come recita il titolo del libro stampato nel 2011 per celebrare i trent’anni della Cooperativa. Un sogno reso possibile dai sacrifici di persone che altro non volevano se non salvare quel quartiere magnifico che faticava a respirare: «Entrare in un bar per fare una partita a carte o anche solo per passare un’oretta a chiacchierare è diventato impossibile qui in Città Alta. Così abbiamo pensato di farlo noi», diceva nel 1981 Santo Bonasio, il primo presidente della Cooperativa Città Alta. Poi le prime collaborazioni con l’Università di Bergamo, che hanno portato tra le altre cose alla gestione da parte della Cooperativa di un’aula studi, tutt’ora aperta e frequentata. Scrive Aldo, proprio nel libro della cooperativa: «L’intuizione dei membri del Consiglio della Cooperativa fu proprio quella di riconoscere lo studente come il nuovo inquilino di Città Alta. Non un locatario fugace solo di passaggio, ma uno stanziale che voleva vivere la realtà del Borgo».

 

 

Oggi Aldo sottolinea ancora l’importanza di capire la realtà in cui si vive per la riuscita dei progetti: «Tante volte ci poniamo il problema di stare al passo con una Città Alta che è cambiata radicalmente rispetto al 1981». E forse qui sta il segreto del locale: un continuo ampliarsi e reinventarsi, garantendo sempre un’altissima qualità ambientale e culinaria. Allora aspettiamo con curiosità e affetto il momento in cui la prima picconata darà il via ai lavori di ampliamento, ringraziando Aldo e la Cooperativa per tutto quello che fanno per la nostra città. «Per me un palombaro, per lei una birra piccola. Offro io».

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