Un brano del 1984

Colonna sonora made in Bergamo per il nuovo film su Sandro Pertini

Colonna sonora made in Bergamo per il nuovo film su Sandro Pertini
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«È amato dalla gente, è il nostro presidente. L’acclamano i bambini, chi è Sandro Pertini?». La domanda appare superflua per chi, magari ancora bambino, ha vissuto dal vivo l’Italia dei primi Anni Ottanta, guidata dal presidente più amato dagli Italiani, partigiano, uomo di Stato, vicino alla gente e tifoso. Sandro Pertini è un’icona dell’Italia del Novecento, di quella neorealista della Resistenza e del primo dopoguerra e di quella modernista del dopo ’68 e della notte prima della crisi.

 

 

Pertini sul grande schermo. Non sarà un “redivivo comico” come il Benito Mussolini del film Sono tornato di Luca Miniero, ma Sandro Pertini tornerà presto sul grande schermo, da assoluto protagonista del film documentario Pertini. Il combattente, tratto dal libro sostanzialmente omonimo Il combattente. Come si diventa Pertini di Giancarlo De Cataldo. Per rendere attuale e profondo il ricordo di un grande Presidente, Graziano Diana e lo stesso De Cataldo hanno lavorato sulle immagini d’archivio, ma anche e soprattutto sulle atmosfere. In particolare sugli inconsapevoli e genuini lanci in avanti di Pertini, oltre la politica e la formalità, pronto ad andare incontro alla gente oppure a Re Juan Carlos al Bernabeu, dopo il gol di Altobelli nella finale del Mundial azzurro. In questa narrativa solo in apparenza trasgressiva (come potrebbe esserlo con brani d’epoca quarant'anni dopo?) un ruolo determinante lo gioca la colonna sonora…in salsa bergamasca.

La colonna sonora bergamasca. Già, perché la rima baciata di cui sopra altro non è che l’incipit di Pertini Dance, un brano ballabile a suo modo rivoluzionario inciso da una band di Albino nel 1984 ed ora utilizzata nel nuovo documentario. L’idea fu degli S.C.O.R.T.A., acronimo che univa i sogni pop rock di Marino Remigi (autore delle musiche), Paolo Manzolini (chitarra), Giambattista Piantoni (batteria), Marcantonio Carrara (voce bassa), Paola Negroni, Elena Moretti e Stefania Calderoni (coro) e, soprattutto, Fabio Gualandris  voce solista.

 

 

«All’inizio fu un’idea folle come tante – racconta Fabio, che nel 1981 fu fra gli organizzatori di un pionieristico concerto di Vasco Rossi all’Oratorio di Albino – che prese forma sotto le vesti di un brano da discoteca. Da subito ottenne attenzione da parte di alcune case discografiche e divenne un vero e proprio vinile, unito ad un Mix ed inciso anche su un 45 giri con tanto di copertina in stile pop. Erano gli anni in cui il mito di Pertini era ancora forte fra la gente e i giovani e la canzone, arrivò anche al Quirinale, cui inviammo una comunicazione per sottolineare come l’edizione ed i relativi diritti d’autore sarebbero stati devoluti alle missioni in Bolivia. Ottenemmo una lettera di plauso dal segretario generale del Presidente, quell’Antonio Maccanico che poi sarebbe diventato senatore e più volte ministro». Pertini Dance fu prodotto dalla Disco Magic di Lombardini, con il corredo di un video (cui collaborò il giornalista Fulvio Facci) realizzato in Città Alta grazie al compianto fotografo Luca Quaranta, morto nel tragico schianto di un elicottero alle Cascate del Serio nel 1984.

Un film documentario. Ora Pertini e la Pertini Dance tornano d’attualità con il film documentario in uscita nelle sale il 15 marzo, prodotto da Anele, Altre Storie, Sky Cinema e Rai Cinema. Raccoglie immagini d’epoca di un’Italia che viveva emozioni intense (oltre a quella del Mundial, anche quelle molteplici degli incontri di Pertini con le scuole o le sue fughe sulla neve con Giovanni Paolo II), ma anche e soprattutto tristi con il terremoto dell’Irpinia, la tragedia del piccolo Alfredino Rampi a Vermicino, la strage di Bologna e quella di Ustica. Ci sono nel film, fra gli altri, i ricordi di Giorgio Napolitano, Eugenio Scalfari, Emma Bonino, Gad Lerner, Gherardo Colombo, Dino Zoff, Paolo Mieli, Antonello Venditti, e Marcello Sorgi. E c’è, con una punta di orgoglio, la Pertini Dance nata nel 1984 ad Albino. Essa nel testo ancor oggi ricorda i moniti di un uomo che restò sempre tale: «Ascoltando il suo discorso ci è venuto un po’ il rimorso».

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