Non è un santo, però...

Sì, la Festa della Dea senza il Bocia non sarebbe stata la stessa cosa

Sì, la Festa della Dea senza il Bocia non sarebbe stata la stessa cosa
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Sarebbe finita ieri sera l’edizione numero 15 della Festa della Dea. Saremmo stati tutti assieme, sul palco o davanti al pc grazie alla diretta streaming per le ultime ore di giubilo nerazzurro. Ci saremmo stati tutti, garantito. Tranne lui, il “Bocia”. Eh già, perché Claudio Galimberti alle 22.30 deve essere a casa e non avrebbe potuto dirigere le operazioni come ha sempre fatto. In tutte le edizioni della Festa, in ogni situazione quando l’Atalanta è coinvolta. Il provvedimento di sorveglianza speciale che lo costringe a rimanere in casa la sera e la notte non gli avrebbe permesso di essere dove tutti quelli che conoscono la Festa della Dea lo avrebbero voluto vedere.

 

 

Quando venne comunicato che il Bocia aveva questa limitazione, in tanti pensarono subito alla Festa della Dea. «Vedrai che non la faranno» si sussurrava. È andata così, la motivazione è più ampia di quanto si possa immaginare e ne abbiamo già parlato, ma è innegabile che senza il Bocia non sarebbe stata (e non sarebbe nemmeno in futuro) la stessa cosa. Una location si trova, le attrezzature anche, e tutto il resto in qualche modo si sistema. Però sul palco a guidare le operazioni deve esserci lui, un altro saprebbe lanciare i cori e presentare gli ospiti ma probabilmente nessuno può fare quello che fa il Bocia.

 

 

Questo pezzo chiude la sei giorni di festa “virtuale” che BergamoPost ha voluto proporre per non perdere l’abitudine a tanta emozione e non abbiamo nessuna intenzione di fare una messa cantata per il leader della tifoseria orobica: non ce n’è bisogno, non ne ha bisogno e non serve a nessuno. Però è giusto ricordare, raccontare e descrivere: stiamo parlando di uno che per l’Atalanta si è fatto 18 anni di diffide, evidentemente non è un santarellino. Però su quel palco, in quel contesto, quando c’è l’Atalanta sotto i suoi occhi diventa semplicemente inimitabile.

Il Bocia era sul palco a Pedrengo, era sul palco a Dalmine e lo era a OrioCenter. Con il microfono in mano, non s’è mai visto rilassato una volta. Mai. «Bepo, Bepo, Bepo parti» o ancora «su le mani tutti, Frittelleee, Birreriaaaa» o ancora «Dai scecc, dai fuori gli ospiti». Agitato, vigile, attento a non calare mai i decibel della folla e nello stesso tempo preoccupato che tutto filasse liscio. Per 6 serate tutto il pubblico lo vedeva trascinare un popolo, ma in pochi ricordano che il Bocia è solo la punta di un iceberg formato da volontari e amici che sono coordinati quasi alla perfezione.

 

 

Chissà quanti imprevisti, chissà quanti problemi, chissà quante “sclerate”. Eppure nessuno, al momento della festa con i protagonisti s’è mai accorto di nulla. Lo hanno fatto urlare, lo hanno fatto pregare, lo hanno perfino fatto emozionare. Eh sì, il più cattivo dei cattivi si è anche emozionato. Lo ha fatto per alcuni attestati di stima, per i regali della Pediatria e in altre occasioni. Lui che passava il microfono al piccolo ultras per i cori, lui che pochissime volte è arrivato sul palco non al massimo della forma nonostante una settimana piena (e anche più) di nottate finite a birra e cori sui tavoli sotto i tendoni fino al mattino presto.

 

 

Il Bocia è un trascinatore, si è visto in altre occasioni allo stadio o nelle feste dopo Napoli, Milano, Roma. Perché ha l’Atalanta dentro, probabilmente gli hanno montato qualche marchingegno che gli permette di capire in anticipo tempi e modi degli umori veicolando i cori sempre nel modo migliore. Ivan Zazzaroni, giornalista, qualche anno fa dopo averlo conosciuto dichiarò alla radio: «È un leader totale, uno che ha l’Atalanta che gli scorre dentro. Il suo unico problema è che ogni tanto gli scende la catena ma ha una passione incredibile». Mai parole sono sembrate più azzeccate.

 

 

Rivedendo le immagini che vi proponiamo, consapevoli che tantissime altre non le abbiamo inserite per ovvi motivi di spazio, tutto quello che abbiamo scritto trova un riscontro. Completo. E nonostante la Festa della Dea 2016 sia decisamente mancata (impossibile sostenere il contrario) forse è giusto dire che senza il Bocia non sarebbe stata la stessa cosa. I perché di una situazione simile non sta a noi spiegarli, argomentarli e nemmeno deciderli: siamo giornalisti, non giudici. Però amiamo le cose belle, la Festa della Dea, nel suo genere popolare, è la più bella della provincia e la sua mancanza si è sentita. La speranza è che l’anno prossimo si possa ripartire alla grande, l’antipasto vissuto allo stadio domenica al raduno non fa altro che confermare e ribadire quanto sia forte il legame della tifoseria con la squadra. Il Bocia era in balconata e lì, come sul palco della Festa della Dea, fa la differenza. Nessuno può negarlo.

 

 

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