Domenica delle Palme secondo “ol Locadèl”, che nel 1860 tradusse in bergamasco il Vangelo di Matteo
Notevole il discorso di Gesù contro i mercanti del tempio: «La mea cà la sarà ciamada cà de orasiù, ma oter a l’i facia deentà öna spelònca de ladrù». Pure in rima

Di Ezio Foresti*
La Domenica delle Palme quasi ogni famiglia bergamasca la cassa ol có ’n césa, per assistere alle funzioni religiose e per procurarsi uno o più rametti d’olivo benedetto, da distribuire in luoghi strategici della casa e in auto, oppure da donare a parenti e amici.
A chi non ha intenzione di assistere alla Santa Messa, ricordiamo la lettura del giorno, nella versione di San Matteo. Lo facciamo però con le parole di un cronista straordinario, il “Sig. Pasino Locatelli” che nel 1860 diede alle stampe il suo “Vangelo di San Matteo volgarizzato in bergamasco”.
La sua intenzione era di avvicinare il verbo al popolo, ma non tenne conto del fatto che la gente non sapeva leggere. Rimangono tuttavia le sue narrazioni, in una lingua non lontana dalla nostra, con diverse libertà lessicali e ortografiche. Non meravigliatevi quindi se alcune parole vi sembreranno strane o diverse. Quello che conta è il sapore, inequivocabilmente orobico, del suo racconto.
La richiesta di andare nel villaggio vicino a prendere un’asina e un puledro diventa: indè al castel che ’l v’è in fasada, e troari söbet ön’ asna ligada insema al sò asni: deslighela, e menemla a mé. Fa un po’ effetto sentire parlare così Nostro Signore, ma d’altra parte il suo modo di esprimersi ricorda quello dei nostri contadini, anche nella perentorietà di quello che sembra un vero e proprio ordine.
Quando poi Gesù si avvia verso Gerusalemme e la folla distende mantelli e rami d’albero sulla strada, ol Locadèl scrive: öna quantità de persune a i à slongat zo per la strada i sò pagn; di oter pò i tajaa di ram di piante, e i a botàa fò per la strada. Pagn, e non mantelli, come segno di umiltà. E slongà zó descrive mirabilmente il gesto, molto più dell’italiano “distendere”.
Notevole anche il discorso contro i mercanti del tempio: la mea cà la sarà ciamada cà de orasiù, ma oter a l’i facia deentà öna spelònca de ladrù. Rude ma efficace, e non manca nemmeno la rima.
*in memoria
Immagine d'apertura: "Cristo scaccia i mercanti dal tempio", di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento, 1591-Ferrara, 1666). Genova, Musei di Strada Nuova
Anche per chi sa leggere, il bergamasco scritto è un tormento. E' una parlata, che si dovrebbe svolgere in famiglia: chi sa, parli! In un comune della bassa un sindaco aveva caldeggiato l'insegnamento del bergamasco nelle scuole, magari ad opera di insegnanti meridionali: mà é la févra apena a pensàl.
Bellissimo, bravo Prima Bergamo.