Da Andreotti a Fiorello: ecco di chi sono le firme sui Libri d'Onore del Comune di Bergamo
Sono raccolte in due tomi, uno ottocentesco e l'altro dagli Anni Cinquanta a oggi. Sfogliandoli si vede come è cambiata la città (e l'Italia)
di Wainer Preda
Io sono un privilegiato. Nel senso che il mestiere mi ha concesso l’opportunità di vedere un pezzetto di storia di questa città, precluso a gran parte dei bergamaschi. È contenuto nei cosiddetti libri d’onore, conservati a Palazzo Frizzoni, nell’ufficio del sindaco. Due tomi spessi e pesanti, con i simboli della città e del Comune sulle facciate. E fra le pagine le firme, le dediche e i disegni dei personaggi celebri o di spicco che hanno visitato l’istituzione.
Antefatto
La settimana scorsa, a Palafrizzoni arriva Fiorello, lo showman. Dopo una foto con il sindaco Gori, “ha l’ardire” di mettere la sua firma sul libro d’onore. Apriti cielo. Qualcuno lo considera indegno di apparire in quel volume. Altri lo attaccano sui social. Alla maggior parte dei cittadini invece la questione non fa né caldo né freddo, perché vivono in questo tempo. E che il Comune si avvicini al loro linguaggio, al loro modo di considerare personaggi e testimonial, accorcia semplicemente le distanze dall’istituzione.
E allora, guidati dal professor Giovanni Carullo, che di cultura ne ha tanta e più di tanti, noi compresi, siamo andati a spulciare fra i personaggi illustri che nel tempo hanno posto la loro firma su quei tomi, per vedere come sono cambiate Bergamo e l’Italia negli anni. Ne è uscito un viaggio affascinante, e per certi versi sorprendente. A partire dalle fattezze dei due libri. Il primo, ottocentesco, riporta lo stemma ducale longobardo, periodo glorioso della storia bergamasca. Il secondo, invece, parte dagli Anni Cinquanta del Novecento in avanti. E nello stemma riporta al senso spirituale del Comune, inteso come comunità, sormontato dalle cinque Torri della città. Il giallo oro dei valori immanenti e il rosso porpora dell’autorità sfociano nella proiezione “celeste” rappresentata dal cielo blu, fino ad esplodere nei quindici raggi della divinità (in realtà quella pentecostale ne conterebbe dodici, spiega il professore, ma vai a capire il perché della discrepanza). Insomma, non proprio due libri qualunque, fin dalla copertina in pelle imbottita.
Sepulveda
Manzù
Ideogrammi
Gronchi
Craxi
Andreotti
Veri capolavori
È fra le loro pagine, però, che spuntano autentici capolavori. Dai disegni con i quali l’artista Giacomo Manzù si rappacifica con Bergamo, passando per gli ideogrammi cinesi e giapponesi o le dediche scritte in ebraico o in arabo. Nei due volumi ci sono personaggi che hanno fatto la storia del Paese e persino del pianeta. Da Papa Roncalli quando ancora era patriarca di Venezia, passando per lo scrittore Luis Sepulveda, il maestro di musica Riccardo Muti e lo stilista Ottavio Missoni, che alla dedica aggiunge la tipica greca del suo tratto. E poi i Presidenti della Repubblica Mattarella, Ciampi, Scalfaro e indietro fino a Giovanni Gronchi, terzo Capo dello Stato. Erano gli Anni Cinquanta. Periodo difficile e teso, fra il Patto Atlantico e l’Unione Sovietica, fra democristiani e comunisti, subito dopo la guerra.
Dalla dedica di Gronchi emerge addirittura una vicenda che in pochi conoscono. Ovvero che il Capo dello Stato, da giovane, subito dopo la laurea, visse a Bergamo per un paio d’anni. Faceva l’insegnante e la nostra città gli era rimasta nel cuore, tanto da vergarne un ricordo emozionato. (...)