Le foto di una ragazza bergamasca alla marcia per Charlie Hebdo
Una settimana dopo la strage nella sede del foglio satirico parigino Charlie Hebdo, stamattina, 14 gennaio, tutta la Francia si è messa in fila davanti alle edicole per acquistare il nuovo numero (il 1178), uscito in tutto il mondo e già ovunque pressoché esaurito: una tiratura da tre milioni di copie iniziali (ora se ne stamperanno cinque) e sedici lingue differenti. La copertina, firmata Luz, è il solito Maometto bonario che, in lacrime, regge il motto divenuto virale in questi giorni: «Je suis Charlie», io sono Charlie. Sopra, il titolo è toccante: «Tout est pardonné», tutto è perdonato.
In una breve conferenza stampa, il caporedattore Gérard Biard e Luz si commuovono, mentre spiegano che non si tratta in alcun modo di un’edizione commemorativa, e tantomeno strappalacrime. Anche perché chi non c’è più c’è ancora, di fatto: il giornale raccoglie infatti disegni, brani, riflessioni, correzioni inediti di Charb, Tignous, Honoré, Wolinski, Cabu, Elsa Cayat, Barnard Maris, Mustapha Ourrad.
E nulla è cambiato, satira anti-religiosa e laicità in primis. Nel suo editoriale, Biard precisa subito con ironia che «accetteremo che le campane di Notre-Dame suonino in nostro onore solo quando saranno le Femen a farle tintinnare». E nell’usuale reportage a fumetti, si descrive con sarcasmo la marcia parigina di domenica, senza perdere occasione di ridicolizzare la chiesa cattolica: «Più gente per Charlie che per la messa». Non mancano, al solito, battute sulla jihad e sugli attacchi di Boko Haram («Duemila abbonati che Charlie non avrà»). Alcune assolutamente volgari, altre di sofisticato ingegno. In quest’insolenza svincolata da ogni dottrina, Charlie è, comunque, in effetti, più che mai vivo.
La gente in fila alle edicole oggi è quella delle piazze (virtuali e non) degli scorsi giorni, una Francia che mai prima d’ora nella sua storia era scesa con tale partecipazione per le vie a manifestare in difesa di qualcosa. Nella marea umana (quasi due milioni) che si è mossa da Place de la Republique, c’era anche Nadia Alborghetti, una ragazza bergamasca (26 anni), che di mestiere fa l’architetto, ed è a Parigi grazie a una borsa di studio per un tirocinio post laurea. Vive nel 4e arrondissement, vicino a Place de la Bastille e a Place de Vosges, e racconta che «domenica la gente, in effetti, arrivava fino alle strade sotto la mia finestra». Parlano per lei un paio di impressioni raccolte di fretta e le splendide foto che ha scattato durante la marcia. Sono volti, cartelli, espressioni, slogan che rendono la partecipazione di un popolo colpito al cuore. E la sua bellezza. Che Charlie è vivo già l’abbiam detto.
C'era la marcia dei capi di Stato, poi c'era la marea umana, la manifestazione, quella vera, che, tra il disordine, i pianti e i sorrisi, riuniva un milione e mezzo di persone. Una folla immensa che compatta convergeva da tutte le strade adiacenti per raggiungere le piazze e gli assi principali. Il silenzio. Poi gli applausi. Poi di nuovo il silenzio. Migliaia di persone unite al di là delle differenze di età, di colore o di religione, al di là dei partiti politici e di ogni tipo di strumentalizzazione. Sono scesi in strada - ognuno con la sua libertà di farlo - per difendere i loro diritti, per esprimere il desiderio di vivere meglio insieme, contro la paura, l'odio e l'esclusione. (Nadia Alborghetti)
Nadia Alborghetti, l'autrice delle foto.
Chi è Nadia. Nadia è giovane (compie tra pochissimo 27 anni) e di talento. Viene da Ambivere, un paesino della bergamasca tra Pontida e Ponte San Pietro. Ma negli ultimi anni ha vissuto in mezza Europa, collaborando con grandi studi d’architettura (gli ultimi due non hanno bisogno di presentazioni: DPA Dominique Perrault Architecture e OAB Carlos Ferrater & Partners). Prima si è formata (e laureata con lode) al Politecnico di Milano, con una capatina a Valencia alla Escuela Tecnica Superior de Arquitectura grazie alla borsa Erasmus. Poi è stata assistente del professor Bovati e della professoressa Valente; con i docenti ha collaborato nei progetti Abitare il luogo – Spazio architettonico, forma urbana, contesto ambientale e Architetture per l’abitare contemporaneo – Nuove forme dell’isolato urbano.
Parla le lingue dei posti in cui è cresciuta e vissuta: Italiano, Spagnolo, Francese (più l’Inglese, ovviamente). I suoi lavori sono riflesso della sua sensibilità personale e della sua dedizione professionale (dateci un occhio, li trovate tutti qui). Scatta anche foto bellissime. E con discrezione ha chiesto che fossero pubblicate solo quelle, senza alcuna immagine che la ritraesse in prima persona. Ma a noi piacciono i visi giovani e sorridenti, soprattutto quando dietro c’è qualcosa di bello. E così, lei è l’ultima della gallery.