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Fratelli Recalcati in via Sant’Orsola La magia e la musica del tempo

Fratelli Recalcati in via Sant’Orsola La magia e la musica del tempo
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Foto di Sergio Agazzi

 

Questa è la storia di una passione, di una di quelle che durano una vita intera. È una storia che ci aspetta oltre la porta di un orologiaio e gioielliere in via Sant’Orsola. Protagonisti sono i fratelli Guido e Fernando Recalcati. Guido ricevette il primo orologio il giorno della sua comunione, ma non era un orologio nuovo e andava sistemato; così, mosso da curiosità, ecco che iniziò con l’aprirlo per comprenderne la meccanica e per apprezzarne il raffinato design dell’interno. Forse non si chiamava così all’epoca, ma Guido scoprì subito che la parte più bella di un orologio è dentro, custodita come un tesoro visibile solo a pochi.

Fratelli Recalcati, orologiai via Sant'Orsola a Bergamo
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Fratelli Recalcati, orologiai via Sant'Orsola a Bergamo
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Fratelli Recalcati, orologiai via Sant'Orsola a Bergamo
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Fratelli Recalcati, orologiai via Sant'Orsola a Bergamo
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«Ero un ragazzino quando papà ci lasciò - racconta con un sorriso leggero - e mamma ci suggerì di andare subito a lavorare, non voleva diventassimo dei lazzaroni» sorride. Erano gli anni ‘50 e Guido ogni mattina si svegliava all’alba per partire verso Milano: qui il dopo guerra aveva portato benessere e gli orologi erano molto più belli ed eleganti di quelli che aveva visto fino ad allora. «C’era la Scala, le grandi opere liriche, e le donne portavano borsette in oro e gli uomini indossavano, fieri, dorati porta sigarette e orologi da taschino». Guido ci racconta di quegli anni, chiudendo spesso gli occhi, per concentrarsi sui ricordi e farli riaffiorare. Poi d’improvviso li apre, sgranandoli, come un bambino davanti a una magia, rivede i clienti e quei bellissimi orologi che andavano riparati «per il giorno prima che si rompessero!». Sorride e cita Sant’Agostino: «Io lo so cos’è il tempo, ma non lo so spiegare». Dice che fu una grande occasione anche se per il viaggio impiegava qualche ora, ma altrimenti mai avrebbe avuto l’opportunità di vedere tali meraviglie e di imparare davvero un mestiere. Perché «si può essere bravi orologiai pur senza conoscere cosa accadeva nel ‘700» ma la parte più interessante, almeno per lui, sta proprio nei racconti nascosti: così tutta la sua vita professionale e umana è costellata di mille domande e storie straordinarie di oggetti e persone incontrate in questo lunghissimo viaggio nel tempo.

 

 

Voi lo sapevate che fu proprio un orologio da taschino a riportare parte dell’equipaggio del Bounty in Inghilterra? E che Pietro Fanzago, prima di iniziare la costruzione del grande orologio di Clusone, disse: «Dio mi ha dato una certa intelligenza e la dimostrerò costruendo un orologio unico (?)». Guido parla con calma e al ritmo dei tanti oggetti che lo circondano. Di tanto in tanto si ferma e lentamente apre una vetrina, prende un carillon, una pendola, un orologio da taschino, li apre, ci mostra gli ingranaggi e ce ne fa sentire i suoni.  Per due ore ci incanta con i tanti oggetti del suo negozio in via Sant’Orsola e pare di fare con lui un viaggio nel tempo, pieno di magia, di musica e di cura. Ogni tanto compare suo fratello Fernando: lui è un orafo, mite e taciturno con il quale condivide il lavoro da una vita intera. Usciamo e ci resta la voglia di tornare, per ascoltarlo ancora e guardarlo riparare con tale delicata pazienza i nostri oggetti del cuore, certi di mettere in mani sicure i nostri ricordi più cari.

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