Il direttore artistico del locale

Giorgio Martinelli, ovvero colui che vi fa divertire al Capogiro

Giorgio Martinelli, ovvero colui che vi fa divertire al Capogiro
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Da ventitrè anni è un punto di riferimento del divertimento dei bergamaschi. Chiamarla discoteca però è riduttivo: il Capogiro è un club, anzi un “Joy Club”. L’uomo che muove i fili dietro le quinte - in sintonia con la storica proprietà SportPiù di Alberto e Michele Gamba - è Giorgio Martinelli (affiancato da preziosi collaboratori, come Beppe). Quarantasette anni, bergamasco del Lago d’Iseo, è un ingegnere prestato alle pubbliche relazioni. La scintilla in lui è scattata entrando una sera in una nota discoteca di Desenzano, il Fura: «Mi sono sentito come Alice nel Paese delle Meraviglie, catapultato in una dimensione di divertimento multisensoriale bellissima». Un’emozione diventata una professione, visto che dal 2006 Martinelli è al Capogiro, di cui è direttore artistico.

Cosa significa fare il direttore artistico in un locale come il vostro?
«Si potrebbe pensare che tutto si riduca alla scelta di un dj, di una voce che accompagni la serata oppure al “comprare” eventi per la stagione. In realtà sono necessarie competenze artistiche, manageriali e di pubbliche relazioni. Si sceglie un target e si individua cosa si vuole fare in accordo con la mission aziendale. È un po’ come scrivere la sceneggiatura e girare un film: bisogna pensare agli interpreti, individuare le scenografie e far sì che ognuno conosca il suo ruolo. Tutto questo senza trascurare gli aspetti commerciali, le tendenze del mercato, i bisogni del pubblico e le politiche di prezzo».

 

 

Qual è il vostro obiettivo?
«Creare un contenitore di idee, di iniziative e di valori in linea con la filosofia che la proprietà di Alberto e Michele Gamba ha scelto per ogni azienda del gruppo, in particolare per i centri SportPiù, naturalmente».

Il cui filo conduttore è...?
«Preoccuparsi del benessere delle persone. Il Capogiro Joy Club, come azienda del gruppo operante nel mondo della notte, non poteva che avere la stessa impostazione. E ciò significa divertimento sano, pulito e senza eccessi. Tutto questo, poi, si traduce nella scelta di un certo tipo di colonna sonora, per certi versi “facile” ma mai banale, nel tipo di stimolazione visiva utilizzata, nella collocazione oraria delle serate più incentrata sulla prima parte della notte, con somministrazione alcoolica controllata e tolleranza zero verso comportamenti devianti. Al Capogiro ci si diverte bene, in un ambiente tranquillo ma nello stesso tempo pieno di energia».

Bergamo è una città che si diverte?
«Credo che Bergamo sia un’isola felice da questo punto di vista, soprattutto da qualche anno a questa parte. Ci sono tante proposte, anche di nicchia, organizzate nelle discoteche più note del territorio, ma godono di buon seguito anche alcuni locali più “artigianali” e meno strutturati. Da Verona a Milano, considerando la città meneghina un caso a parte, credo che a Bergamo si viva la situazione più effervescente. Brescia, ad esempio, non è così viva: ci sono il Circus, club storico del centro cittadino, e il Qi, che è un po’ di frontiera. Qui ci sono Capogiro, Bobadilla, Nikita, Setai, Bolgia e altri che lavorano bene sul proprio pubblico di riferimento».

 

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Perché il Capogiro è diverso dagli altri locali?
«In 23 anni non ha mai cambiato né gestione né proprietà e già questo è un segnale importante. All’inizio, nel 1994, era un locale dove si faceva musica live di qualità: gente come Alex Baroni e Biagio Antonacci hanno suonato da noi. Nel tempo c’è stata un’evoluzione naturale da discoteca fino all’idea del Joy Club di oggi, il club della gioia».

Cioè?
«Cerchiamo sempre di distinguerci dagli altri, provando a far avvicinare al nostro mondo anche un pubblico non necessariamente “discotecaro”. Far divertire in orari “più normali”, partendo presto e chiudendo prima, è uno dei nostri valori. Così come la scelta di non puntare sull’ospite in consolle per sbancare il botteghino, ma piuttosto sulla qualità e continuità di prodotto».

La vostra serata tipo come funziona?
«Il Capogiro apre alle 21 con il ristorante. Si cena in una struttura molto curata, accompagnata da una proposta artistica particolare (live o peep show). Alle 23 apre la zona club nella sala principale, ma dove c’è il ristorante resta comunque aperto un Voice Bar per divertirsi in modo diverso rispetto alla Main Room che resta aperta fino alle 3.30, secondo un programma strettamente dance. Il locale ufficialmente chiude alle 4, ma già nell’ultima mezz’ora alleggeriamo la “pressione”».

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Chi viene al Capogiro?
«Il nostro target è un pubblico prevalentemente adulto e curato, dai 20 ai 45 anni nelle tre serate classiche di apertura. La selezione all’ingresso sostanzialmente non esiste più, ormai il pubblico è consapevole di cosa sia il Capogiro, sa come presentarsi all’ingresso e quali requisiti chiediamo per essere nostri ospiti graditi».

Avete una serata “top”?
«Non abbiamo una serata di punta, il venerdì forse il pubblico è un po’ più adulto ma anche al sabato l’età media è alta rispetto all’offerta che possiamo trovare sul territorio. Noi poi cerchiamo di avere una sala sufficientemente piena ma non vogliamo che i clienti siano troppo ammassati. All’ingresso chiediamo la carta d’identità quando qualche viso ci sembra un po’ troppo giovane, e l’etica professionale ci impone un certo rigore nel controllo durante la somministrazione di alcolici, preferendo avere ospiti dai 20 anni in su. Poniamo anche la massima attenzione alle condizioni di chi chiede da bere, i barman hanno indicazione di non servire ulteriori consumazioni nel caso intuiscano che l’avventore è prossimo al limite accettabile».

L’evento più difficile che ha organizzato?
«Un party di qualche anno fa con il nostro partner Winston (sigarette), con ospite Morgan che al tempo era giudice di X Factor, quindi all’apice dell’esposizione mediatica. Fu un evento complesso anche per le diverse componenti artistiche da far coesistere (c’erano una contorsionista del Cirque du Soleil e una violinista classica). Era il 2011, andò tutto bene e addirittura con Morgan abbiamo instaurato un rapporto che si è concretizzato in altri eventi».

 

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Quanti numeri ha nella rubrica del telefono?
«Sono circa 3.500, tutti attivi. E li conosco tutti personalmente. C’è di tutto, dal ragazzo che è venuto in discoteca a Bobo Vieri, da Simona Ventura a mia zia di 80 anni».

Fuori dal Capogiro, la sua passione è l’Atalanta, vero?
«Assolutamente sì, sono super tifoso. Sono amico di parecchi calciatori atalantini e vado spesso allo stadio».

In effetti al Capogiro vengono spesso i giocatori dopo le partite...
«La loro presenza dipende dai risultati della gara del pomeriggio e dagli impegni successivi. Il nostro club però è stato sempre una scelta privilegiata in occasioni importanti atalantine. Dal party in stile Hippie per il saluto alla squadra di Gian Paolo Bellini al compleanno di German Denis, fino ad arrivare alla festa promozione con mister Colantuono e al presidente Percassi che da noi festeggiò un compleanno qualche anno fa».

Fino a quando pensa di fare questo lavoro?
«Fino a quando mi alzerò al mattino e mi sentirò di farlo con questa passione. Nel nostro modo di intendere il mercato, non abbiamo avversari da battere, spesso il nemico siamo noi stessi, quando ci accontentiamo e non pensiamo al cambiamento. Con la proprietà, però, c’è grande rapporto, fatto di poche parole ma di rapida intesa. Penso e spero di essere stato utile ai Gamba nel percorso fatto insieme, così come loro sono stati fondamentali per la mia formazione e crescita umana e professionale » .

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