L'occasione è il referendum di ottobre

I simpatici abitanti di Torre de' Busi che vogliono tornare bergamaschi

I simpatici abitanti di Torre de' Busi che vogliono tornare bergamaschi
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La Diocesi è quella di Bergamo, gli Alpini fanno parte della sezione orobica, la raccolta rifiuti è demandata alla G.Eco di Treviglio, il servizio idrico è assegnato alla Hidrogest di Sotto il Monte e il corpo di Polizia locale è in collaborazione con quello di Caprino Bergamasco. Eppure Torre de' Busi è in Provincia di Lecco. Un paradosso che ha avuto ufficialmente inizio nel 1995, quando per la prima volta nella sua storia il piccolo Comune di 2.100 abitanti circa della Valle San Martino si trovò a dover votare per l'elezione del nuovo presidente della neonata Provincia di Lecco. E ciò nonostante pochi anni prima, nel 1991, il 76 percento degli abitanti avessero espresso, in un referendum, la loro volontà di restare sotto Bergamo.

 

elonora ninkovic sindaco torre de busi

[Eleonora Ninkovic, sindaco di Torre de' Busi]

 

«Noi vorremmo tornare con Bergamo». A distanza di oltre 20 anni da quel voto, il sentimento popolare non è cambiato: nel piccolo Comune quasi tutti si sentono bergamaschi, al di là delle formalità burocratiche. E oggi un piccolo spiraglio per un ritorno "a casa" di Torre de' Busi pare essersi riaperto. Lo racconta L'Eco di Bergamo del 5 aprile, che spiega come il progetto di riforma al vaglio della Regione per il possibile dopo-Province (tutto dipenderà dall'esito del referendum costituzionale di ottobre, dove è prevista anche la cancellazione di questi Enti) preveda la creazione di una serie di macro-aree, o "cantoni", che potrebbero riportare Torre de' Busi sotto l'influenza bergamasca. Nel progetto regionale, infatti, per quanto riguarda Lecco si starebbe studiando una vasta area legata al lago, oppure un'aggregazione con Como e parte di Monza Brianza; tutte ipotesi che, di fatto, taglierebbero fuori il piccolo Comune e gli altri paesi della Valle San Martino. Del resto, Eleonora Ninkovic, sindaco di Torre de' Busi, non ha mai nascosto la propria volontà di tornare sotto Bergamo: «Non ci hanno mai cambiato nemmeno il prefisso telefonico: abbiamo ancora lo 035 - spiega -. La Regione sta studiando un progetto di riforma per il possibile dopo-Province. E noi, a questo punto, siamo propensi a tornare con Bergamo, che è una realtà già strutturata».

La Ninkovic è più che convinta della propria idea, tanto da aver già interpellato al riguardo il numero uno di via Tasso, Matteo Rossi, che s'è detto aperto all'ipotesi. Contattato da L'Eco di Bergamo, Rossi spiega: «Accoglieremmo volentieri Torre de' Busi. Molte persone da quelle parti mantengono un'identità legata alla Bergamasca. Tifano pure Atalanta...». In realtà il problema sarà capire le intenzioni della Regione per quanto riguarda il riordino delle istituzioni territoriali lombarde: «Nella discussione sulle future aree vaste - continua Rossi - abbiamo messo un "paletto" che mi pare sia stato accettato: abbiamo chiesto che non vengano toccati gli attuali confini della nostra Provincia. Ciò non toglie che saremmo favorevoli a un allargamento, includendo i Comuni per i quali ha senso. Si tratterebbe di una modifica limitata». Rossi sarà molto probabilmente ospite di Torre de' Busi il 29 aprile, giorno in cui il sindaco Ninkovic ha indetto un'assemblea pubblica per discutere dell'ipotesi. Ci saranno anche il senatore della Lega Paolo Arrigoni e il sottosegretario agli Enti locali di Regione Lombardia Daniele Nava.

 

valle san martino

[Veduta della Valle San Martino]

 

E gli altri Comuni della Valle San Martino? Nel lontano 1995, però, Torre de' Busi non fu l'unico Comune a cambiare provincia. Insieme a lui, anche Erve, Calolziocorte, Monte Marenzo, Carenno e Vercurago passarono da Bergamo a Lecco. Insieme, questi 6 Comuni vanno a formare la Valle San Martino. E, molto probabilmente, il futuro destino non riguarderà i singoli Comuni, bensì l'intera area (geograficamente ristretta). Non si può quindi parlare di ritorno a Bergamo di Torre de' Busi senza considerare anche l'opinione degli altri paesi coinvolti, che non paiono così convinti. Sebbene nel 2012, davanti all'ipotesi del dimezzamento delle Province avanzato dal Governo Monti (mai andato in porto), la conseguente cancellazione di Lecco e il possibile accorpamento con Como, tutti e 6 i Comuni della Valle San Martino si espressero a favore di un ritorno sotto Bergamo, ora lo scenario è diverso. A differenza di allora, infatti, non si sta parlando dell'eliminazione di alcune Province, ma di una revisione complessiva delle istituzioni locali lombarde. Per questo, a differenza della Ninkovic, gli altri sindaci paiono più freddi. Cesare Valsecchi, di Calolziocorte, spiega che prima «bisogna capire quale sarà il futuro assetto delle vaste aree», mentre il collega di Erve (Comune che nel referendum del 1991 si espresse a favore del passaggio a Lecco), Giancarlo Valsecchi, afferma: «Ritengo difficile un ritorno con Bergamo perché in questi anni si è registrata la nascita della gestione dei servizi come acqua e raccolta rifiuti». D'accordo con lui anche Carlo Greppi di Vercurago, Luca Pigazzini di Carenno e Paola Colombo di Monte Marenzo.

Resta però un fatto: passeggiando per le strade dei paesi della Valle San Martino, tutto riporta a Bergamo, a partire dall'accento degli abitanti. Che infatti, interrogati sul tema da L'Eco di Bergamo, non si nascondono: «Io mi sento bergamasco - dice un abitante di Carenno -. Anzi, quasi un profugo. Come terra di confine prima eravamo ignorati, ma lo stesso sta avvenendo con Lecco. Se i futuri assetti sono quelli che si delineano, sarebbe meglio ritornare con Bergamo». D'accordo anche due cittadini di Calolziocorte: «Con la creazione delle vaste aree rimangono i problemi della manutenzione stradale, del mantenimento delle scuole, tanto per citarne alcuni. Al punto in cui siamo crediamo che sia più funzionale per la Valle San Martino, tenendo conto dell'omogeneità territoriale, confluire ancora su Bergamo. Ci sembra un paradosso riferirsi a Monza, Como o addirittura a Sondrio». Oggi è presto per dire come andrà a finire, ma noi non possiamo che schierarci per un "ritorno a casa" di tutti loro.

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