Lingua madre

I mille usi della "aca" nel dialetto bergamasco, a partire da un famosissimo sciolilingua...

L’importanza della vacca nella nostra lingua e nella nostra economia

I mille usi della "aca" nel dialetto bergamasco, a partire da un famosissimo sciolilingua...
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Di Ezio Foresti*

Nessuno può negare l’importanza della aca nella nostra cultura, nella nostra storia e nella nostra economia. Basti pensare che da questo pacifico animale, solitamente nella varietà Bruna alpina, deriva gran parte del latte che ci ha consentito di produrre le nostre eccellenze casearie.

Protagonista di proverbi, e persino del celebre scioglilingua a’chèla aca là che la à ’n chèla cà là, la vacca è rilevante anche dal punto di vista lessicale. Nella prima appendice al Vocabolario dei dialetti bergamaschi, Antonio Tiraboschi ci consente di approfondire la conoscenza di espressioni e detti ormai quasi dimenticati.

Apprendiamo così che öna aca che la gh’àü bèl spìgol è un esemplare ben fatto, ben proporzionato. Meno valore estetico e più utilità pratica ha invece la aca de lacc, definita anche, con un’immagine molto concreta, aca de sègia.

La aca stèrla invece non potrà mai avere un vitellino. Il lessicografo si cimenta anche nell’esplorazione del “linguaggio da trivio”, in cui la parola “si aggiunge ai nomi comuni per farne l’aumentativo, allo stesso modo che si suole aggiungere anche pötana”. Colpisce l’analisi forbita del Tiraboschi, accostata a un uso dei termini che oggi sarebbe inaccettabile.

Tuttavia gli esempi sono vivaci e gustosi: öna maiada aca è un’abbuffata pantagruelica, ü s-ciafù pötana è uno schiaffone potente, ü botép vaca è un divertimento intenso.

Curioso anche il modo di definire un personaggio originale, curioso o furbo: che aca de ü! Fà la aca significa anche, sempre secondo Tiraboschi, “poltroneggiare”. Abbiamo il sospetto che il motto esprima anche qualche altro concetto, ma non vogliamo essere maliziosi.

Il sostantivo ha dato origine anche al derivato acada, ancora oggi in voga per definire “alcuna cosa che riesce sciocca o scipita, e si direbbe di spettacoli, composizioni e simili”. Chissà perché ci sono vocaboli che non passano mai di moda.

*in memoria

Commenti
Ilario

Ricordo che il vecchio bergamasco era il gaì

Gianbattista Valsecchi

Ogni paese della bergamasca a la sua pronuncia e difficile leggerlo e scrivere da un bergamasco dop

Fabio

La completa è: "à chela acö là che la à a cagà nche la cà là"

Bruno

Arda chèla aca là in chèla cà là col ca. Guarda quella vacca là, in quella casa là col cane. Ai au a et i ae ie Andate a vedere le api vive

gus

Acàde sensa la aca: secondo me, parlare un bergamasco orribilmente e fortemente italianizzato, o anche un italiano bergamascato.

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