Un lavoro di squadra

Il Cortiletto in via Sant’Alessandro Un angolo nascosto di relax

Il Cortiletto in via Sant’Alessandro Un angolo nascosto di relax
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Stefano Cozzolino, Nicola Vavassori e Andrea Cuceli.

 

A dividere il locale dallo scorrere del caos cittadino c’è solo la stretta galleria seicentesca che lo ricollega a via Sant’Alessandro. Questione di una ventina di metri: troppi, per chi sia di fretta; ma preziosi per chi, invece, abbia voglia di accomodarsi a uno dei suoi tavolini per escludersi dalla frenesia vivace che Bergamo centro sprigiona. Che ci si capiti per sbaglio, per caso o per sentito dire, una cosa è certa: chi mette piede al Cortiletto una volta, avrà voglia di tornarci ancora.

L’inizio dell’avventura. Calabrese d’origine e bergamasco d’adozione, Andrea Cuceli, classe 1987, sul bancone de Il Cortiletto ci sta da circa un anno e mezzo. Precisamente dal 3 gennaio 2015, quando la sua sfida personale è iniziata. «Il tutto è nato un po’ per gioco. Era da tempo che cercavo una realtà di questo tipo, volevo avviare un locale. A sorreggermi ho avuto la società di mio fratello. È stato lui a scegliere di investire su di me. Così sono cominciati cinque mesi di ricerca intensa per tutta la città». Finché la sua attenzione è caduta proprio lì, su quel viottolo che si defila quasi inosservato dalle eccentriche luci dei negozi che lo affiancano, per terminare davanti al piccolo bistrot. Ed è subito scintilla. «Io mi sono innamorato in un attimo. Sono sempre stato affascinato dai locali nascosti, anche se i clienti non sempre hanno voglia di scoprirli. Tra tutti i posti che avevamo preso in considerazione era paradossalmente quello che aveva meno speranze di crescita, perché è in centro, è vero, ma al contempo è poco visibile. Io ho deciso di crederci comunque».

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Con una premessa del genere, la curiosità che segue è scontata: come si invoglia la folla a compiere quei 20 passi in più che la separano da tutto ciò che di buono Il Cortiletto ha da offrire? «Ci siamo ingegnati per cambiare le abitudini del locale, organizzando serate a tema, eventi studiati per creare abbinamenti tra artisti e cantine. Insomma, abbiamo cercato di trasformare il volto del locale, di valorizzarlo». E a giudicare dall’andirivieni che intervalla la nostra chiacchierata, è chiaro che Andrea e il suo staff sono riusciti a conferire al Cortiletto un volto in perenne metamorfosi, adattabile a tutti i tipi di avventori: in questo posticino varcano la soglia clienti sempre diversi, tra chi passa per un caffè e fugge di corsa, a chi sa di poter ordinare con un semplice sguardo d’intesa, fino a chi si siede al bancone e riprende a raccontare ad Andrea della sua vita dal punto in cui lo aveva interrotto l’ultima volta.

Parola d’ordine: accoglienza. «Gli intenditori del settore forse si troverebbero in disaccordo, ma mi interessa meno lo spirito commerciale e più l’accoglienza. Ho perseguito l’idea di bar in vecchio stile, quello dove si può parlare, stare tranquilli. Chi si ferma qui, indipendentemente da quanto e perché, deve sentirsi un pochino come a casa sua. Regalare un momento di relax è il motto della nostra squadra». Atmosfera soft e ospitalità garantita, dunque, anche se nel weekend il locale si accende. Si comincia dall’aperitivo, durante cui è possibile gustare un calice di vino abbinato a un tagliere compreso nel prezzo. Una formula che è stata adottata in sostituzione al classico buffet e che mette in risalto l’accostamento di formaggi e salumi provenienti da diverse regioni d’Italia.

E, anche se Andrea confessa di non sapere dove sarà tra cinque anni, ripercorre con entusiasmo la storia de Il Cortiletto fino ad oggi, e lo fa usando costantemente il noi e mai dell’io. «Credo tantissimo nel team. In fondo non so come sarebbe andata se la mia famiglia, se mio fratello non mi avessero appoggiato. I risultati che abbiamo ottenuto sono merito di tutti: del sorriso di Stefania, che si occupa delle mattine; dell’energia di Cristina, che invece è più concentrata sui pomeriggi. Ma anche dei miei amici storici, che vengono a trovarmi regolarmente e che sono rimasti qui a farmi compagnia anche nelle serate più spente».

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