Il pugno di ferro della “regiura”, inflessibile regina di casa
Il governo femminile nella Bergamasca non è mai stato in discussione: lo dimostrano i proverbi in dialetto
Di Ezio Foresti*
Le recenti vicende politiche locali hanno posto una donna sullo scranno di sindaco. Ed è donna anche il primo ministro. Non proprio una novità per la cultura bergamasca, abituata da sempre ad attribuire il governo della casa alle nostre regiure, in grado di generare e allevare figli, lavorare nei campi, cucinare, tenere la dimora a specchio e dominare le vicende domestiche con mano non sempre delicata ma in ogni caso ferma.
Una traccia della loro importanza la troviamo nella saggezza dei proverbi tramandati dalla tradizione. Uno fra tutti, braga no pöl sö treèrsa no öl. Chiarito che la traversa non è altro che una gonna di panno che ha le sue origini a Parre, il resto del messaggio è inequivocabile. Il burbero montanaro che è in noi perde ogni autorità quando varca la soglia del proprio domicilio. Probabilmente questa volontaria sottomissione quotidiana l’ha portato a coniare, sulla spinta della frustrazione, detti come fómne, pàssere e óche i è tante a’ se i è póche, a stigmatizzare una loquacità che è l’arma dialettica vincente della consorte.
Ma il potere femminile si estende ben oltre, perché i fómne i pöl chèl ch’i völ, mentre il volere dell’uomo è subordinato a quello della donna. Una condizione che ha suggerito anche inquietanti paragoni, alcuni dei quali chiamano in causa persino il Maligno. I fómne i ghe n’sà de piö a del diàol è l’ammissione d’inferiorità di chi si vede sconfitto sul piano della logica e della furbizia, attraverso un’eloquenza che li stordisce.
Nasce così il motto bisògna ardàs del catìv visì e di dòne ch’i parla ladì, in cui viene demonizzata l’istruzione femminile, foriera di sventura. Credendo forse di fare un favore alle donne, il Tiraboschi chiosa: «Tra coloro che alle donne accordano solo la rocca e il fuso, e coloro che alla donna istituiscono università, io credo debba esistere una via di mezzo». Oggi le nostre fómne avrebbero parecchio da ridire.
*in memoria