La storia del Battistero di Città Alta
A tutti, ma proprio a tutti, pare strano. Perché in Città Alta il Battistero si trova fuori dal Duomo? Da quanto tempo si trova lì? Perché i suoi colori sono simili a quelli della Cappella Colleoni e dei protiri della Basilica di Santa Maria Maggiore? Ovviamente la storia di questo luogo spesso snobbato della nostra città dà una risposta a ognuna di queste domande.
Durante la signoria viscontea (1331-1428) furono molte le maestranze “foreste”, tra cui i maestri campionesi Giovanni e Ugo da Campione, a cui dobbiamo i due protiri della Basilica, il portalino di nord-est verso Piazza Reginaldo Giuliani e il Battistero completo di vasca e copertura. Ma dell’edificio gotico, eretto nel 1340 in sostituzione di un precedente già in uso in epoca paleocristiana e in altra ubicazione, poco resta: collocato nel centro della controfacciata della basilica o della navata laterale settentrionale, venne spogliato della vasca battesimale, portata in Duomo nel 1613, per far sì che da quel momento il sacramento passasse dalla giurisdizione civica a quella vescovile. Rimasto privo della sua essenza, alla metà del XVII secolo quel grande involucro si trovò d’impiccio agli interventi di decorazione delle campate della nuova chiesa barocca, perché la sua mole cava e ormai inutile impediva il montaggio delle impalcature dal pavimento alle volte; da qui la decisione di demolirlo nel 1660 e di smontarlo, portando i pezzi nella sede della Mia, la Domus Magna in via Arena, per poi ricomporlo entro la fine del Seicento prima nel Duomo e nell’Ottocento nella canonica, quella ubicata all’interno del passaggio Cà Longa tra Piazza Vecchia e via Mario Lupo. Tra le varie manomissioni intercorse nei secoli, tra uno smontaggio e un trasloco, vi fu anche quella in seguito alla quale alla base gli vennero applicate lapidi sepolcrali di alcune eminenze vescovili, ma l’umidità ascendente del chiostro costrinse a un nuovo ripensamento della sua posizione con conseguente ulteriore scomposizione.
Privato della sua funzione primaria, venne nuovamente riposto, finché nel 1898 il podestà di Bergamo Ciro Caversazzi andò alla ricerca di quel che restava di quel manufatto, capolavoro dell’architettura trecentesca campionese: scovato, recuperato e rimontato dall’architetto Virginio Muzio nel luogo in cui tutt'oggi si ammira, appare in forme (va detto) decisamente "ibride", ma ormai il nostro occhio se ne è fatto una ragione. La posizione scelta è perfetta: quel lato occidentale di Piazza Duomo pare quasi sia stato lasciato sgombro nei secoli proprio in attesa di quella miracolosa e insperata ricollocazione, mentre la cancellata ben si sposa con quella vicina della Cappella di Bartolomeo Colleoni del 1912. Dall’esterno, poi, gli unici elementi che stonano un po' sono la base in cemento armato e le terminazioni tra copertura e cuspide con la statua di un arcangelo di fattura relativamente moderna. In ogni caso, le porzioni originali gotiche trecentesche si trovano sia all’esterno che all’interno. Fuori si distinguono le otto bellissime statue lungo gli angoli con le raffigurazioni delle virtù teologali (Fede, Speranza, Carità), cardinali (Giustizia, Fortezza, Prudenza, Temperanza) con l’aggiunta della Pazienza e alla base di ognuna il proprio opposto, ovvero il vizio (Idolatria, Disperazione, Avarizia, Ingiustizia, Debolezza, Imprudenza, Intemperanza, Imprudenza), oltre a colonnine e capitelli; dentro, la statua di San Giovani Battista con brocca e patena e le otto stupende formelle a bassorilievo con gli episodi salienti della vita e della passione di Cristo (Annunciazione, Nascita, Adorazione di Magi e di pastori, presentazione al tempio, cattura, Crocifissione, Deposizione, Sepoltura, Risurrezione), in alcuni casi compositi su più livelli.
[La stupenda pala di Andrea Previtali]
Di metà/fine Ottocento, su ricostruzione del Dalpino e del Muzio, sono la vasca battesimale, il rivestimento interno del basamento con l’edicola centrale, le statue con le beatitudini lungo la nuova copertura, la lanterna e la pavimentazione, che simula il movimento dell’acqua del fiume Giordano mentre sciama dall’interno verso l’esterno. Il portale bicromo, cordonato e intradossato come il resto dell’intera piazza pare invece fosse l’ingresso della Cappella di San Benedetto, costruita a fianco del Duomo romanico (quello riconoscibile nei locai del Museo degli Scavi e del tesoro) in omaggio a Papa Benedetto XII, che negli anni Quaranta del Trecento aveva revocato l’interdetto scagliatoci contro da Papa Giovani XXII per le nostre simpatie rivolte all’antipapa Niccolò V. La si ritrova entrando, sebbene in fogge barocche, quale prima cappella destra dell’attuale cattedrale, su cui si innesta la stupenda pala di Andrea Previtali (1480-1528) recentemente restituita al suo splendore cinquecentesco grazie all’intervento di restauro sostenuto dalla Fondazione Credito Bergamasco. Gli anni di realizzazione con il Battistero campionese combaciano e a distanza di quasi sette secoli tutto è tornato al proprio posto. O quasi.