La Settimana Santa, in cui “ol teré a l’balàa e i préde i se spacàa”
Nelle antiche usanze bergamasche non mancavano gli eccessi: i più giovani si facevano prendere la mano al punto di provocare la rottura di «panche, oratori e altari» armati di «bastoni, martelli e mazze»

Di Ezio Foresti*
L’osservanza religiosa della nostra gente un tempo era molto radicata, e tutti o quasi nel periodo che precede la Pasqua seguivano le raccomandazioni per un comportamento corretto, perché a la setmana santa töcc i ghe tè a la buna usansa. Oggi non è esattamente così, ma indubbiamente il retaggio del passato induce ancora a momenti di riflessione, se non di meditazione.
L’atmosfera di solenne e raccolta attesa inizia dalla messa in Cena Domini del giovedì sera quando, secondo la tradizione, a s’liga i campane e s’benedéss i öle sancc. Per avvicinarsi in silenzio al mistero della morte e della resurrezione, e per benedire gli oli che segnano i momenti più importanti dell’esistenza cristiana.
In questo frangente tuttavia, dopo aver spento l’ultima fiamma del triàngol, un candelabro con tredici candele accese, a rappresentare gli apostoli e il Cristo, il libro liturgico suggeriva «ci sia un poco di fragore e strepito» (sit fragor et strepitus aliquantulum). Qualcuno applaudiva, altri percuotevano i banchi con il breviario e altri ancora, i più giovani, si facevano prendere la mano al punto di provocare la rottura di «panche, oratori e altari» armati di «bastoni, martelli e mazze».
Per questo motivo le autorità consigliavano di mandare in chiesa i ragazzi solo «con picciole bacchettine alle mani», per evitare danni maggiori. L’intenzione era di evocare il frastuono che turbò la terra quando il figlio di Dio esalò l’ultimo respiro, ma forse le privazioni dell’inverno e della quaresima spingevano i ragazzi di qualche secolo fa a cercare uno sfogo celebrativo un po’ più consistente.
Probabilmente il motivo vero della deflagrazione è un altro, la collisione tra la materia della vita e l’antimateria della morte. Festeggiare l’annuale vittoria della prima ci aiuta a rimandare il pensiero della seconda.
*in memoria