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L'abbraccio di Casnigo ai suoi Re Magi dopo due anni: folla e incanto alla Ss. Trinità

Finalmente, in seguito allo stop causato dalla pandemia, è tornato uno degli appuntamenti più apprezzati e seguiti in Valle

L'abbraccio di Casnigo ai suoi Re Magi dopo due anni: folla e incanto alla Ss. Trinità
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di Giambattista Gherardi

Casnigo ha superato se stessa e salutato, la sera di ieri (giovedì 5 gennaio), il ritorno dei Re Magi al Santuario della Santissima Trinità dopo due anni di obbligato stop a causa della pandemia. L'attesa e la folla sono cresciute di pari passo dopo la messa delle 18 al Santuario, celebrata dall'arciprete don Massimo Cornelli. Sul sagrato tantissimi i fedeli arrivati da tutta la Val Seriana (e non solo) che si sono ritrovati a essere partecipi con semplice spontaneità del contesto ricreato da decine di figuranti abbigliati con gli abiti d'un tempo.

Le note immortali del baghèt (la tipica cornamusa bergamasca di cui Casnigo è patria) hanno scaldato i cuori più dei braceri accesi in più punti e tutti si sono sentiti immersi in un'atmosfera d'altri tempi, sancita, nei commenti fuori campo e nei dialoghi sul sagrato, dall'inconfondibile dialetto locale. L'uscita dei Magi dalla chiesa, solenne e in un silenzio surreale, ha dato il via al lungo corteo con pastori, pecore, agnelli, alpaca, donne e ragazzi, bambini (pōtascì), suonatori e cortigiani. Tutti insieme, levando al cielo i canti d'un tempo, hanno percorso la discesa verso l'abitato illuminati dalle fiaccole e dalla luna. Particolarmente attivi i volontari dell'Oratorio ed il Gruppo Peter Pan.

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Quella dei Re Magi è una tradizione vecchia di almeno cinque secoli, legata ai Re Magi e a un gioiello artistico definito, (a ragione) la “Sistina della Bergamasca”. L'origine è probabilmente legata al gruppo scultoreo in terracotta presente alla Santissima Trinità, che rappresenta la Visitazione dei Magi.

Uno dei Magi è rappresentato con ampie vesti e carnagione di colore, al punto che la tradizione popolare tramanda la leggenda della “Re Magia Nigra”, al femminile, additata come spauracchio ai bambini troppo vivaci. Meno nota, ma di grande rilievo, la presenza nel Santuario, in un’apposita teca in legno a forma di croce, delle reliquie dei Magi.

«Possiamo affermare - spiega Natale Bonandrini, cultore di storia locale - che siano arrivate in epoca cinquecentesca per opera di Fra Agostino Bonandrini, oppure grazie al cappuccino Ignazio Imberti nei primi anni del 1600. Il primo era procuratore generale degli Agostiniani a Roma e nel 1588 donò molte reliquie alla chiesa della Ss. Trinità, come segnalato da Donato Calvi nella sua Effemeride, che però non cita le reliquie dei Magi. Padre Ignazio Imberti, cappuccino, fu invece attivo per il ritorno alla chiesa di Roma della Valtellina e della Bregaglia. Nel 1628 fece una donazione di reliquie (di cui non esiste elenco) citata sovente da autori di quel periodo».

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In Lombardia, il culto dei Re Magi è noto a Premana (in Valtellina) e a Milano, nella Basilica di Sant'Eustorgio, dove sarebbero custodite le spoglie dei Magi. Federico Barbarossa le traslò a Colonia nel 1162, ma nel 1904 tornarono nel capoluogo lombardo. Sino al primo dopoguerra, la gente di Casnigo, in vista del corteo, dotava ciascun Re di un diverso cavallo: bianco per Melchiorre, nero per Baldassarre e baio per Gaspare. Anche quest'anno i Magi hanno fatto tappa in località Cornello e da Re Erode, nella ex chiesa di Santo Spirito, un altro gioiello casnighese da riscoprire e al centro di un progetto di recupero recentemente finanziato dai fondi del Pnrr.

Un monologo (in dialetto) egregiamente interpretato da Luciano Carminati e scritto da Flavio Moro ha introdotto l'incontro del «grande Re Erode» con i Magi, la consegna delle "calzine" con i doni ai bambini e il conclusivo trasferimento nella parrocchiale ai piedi della Natività vivente. Un allestimento replicato per la prima volta anche oggi, venerdì 6 gennaio, al termine della messa al Santuario. Qui i bambini hanno portato ai Magi dolci, alimentari a lunga scadenza e offerte in busta chiusa per i meno fortunati. In cambio hanno ricevuto un’arancia, a ricordo del semplice dono che i nonni consumavano il giorno dell’Epifania sul muretto antistante il Santuario.

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