Le Cascate del Vò in Val di Scalve Meraviglia di un inverno di ghiaccio
Questo rigido inverno non ha sicuramente regalato molta neve. Tuttavia la fredda temperatura ha creato panorami di ghiaccio, vere e proprie meraviglie della natura che, con pochi sforzi, possono essere accessibili quasi a tutti. In alta Val di Scalve, a Schilpario, troviamo una di queste meraviglie: le Cascate del Vò. Se durante l’estate sono meta di turisti in cerca di refrigerio, in questa stagione diventano una colata di ghiaccio e acqua, gioia per i fotografi e meraviglia della natura. Questo scrigno di ghiaccio è nascosto in uno dei luoghi più belli e suggestivi delle Orobie, la Val di Scalve, ed è raggiungibile grazie a un facile e largo sentiero, percorso centinaia di anni fa dai “trafficanti” che valicavano il confine per raggiungere la vicina Valtellina. Un percorso lungo e tortuoso tra montagne severe e anguste, che noi percorreremo solo in piccola parte fino alla cascate che prendono il nome dal torrente omonimo che scorre per tutta la valle.
La partenza. Per vedere questa meraviglia della natura dobbiamo portarci al confine delle nostre Orobie, al cospetto della parete nord della Presolana e delle severe cime scalvine del Monte Venerocolo, del Pizzo Camino, del Cimon della Bagozza e della Concarena. Posteggiata l’auto nella frazione di Ronco, nei pressi di una segheria, ci incamminiamo sulla strada carrabile che costeggia lo storico Chalet del Vò, ora purtroppo chiuso. La vegetazione alterna boschi di abete rosso, pino mugo, ontani e noccioli, creando un ambiente da favola. La fauna è ricca di camosci e altri animali selvatici, che in questa stagione, vista la scarsità di escursionisti, diventa facile scorgere. Noi continuiamo lungo la mulattiera (segnavia CAI 413) ignorando il bivio posto alla nostra destra (segnavia CAI 414) che ci porterebbe dopo circa tre ore di cammino al Passo di Venerocolo e alla vicina Valtellina.
La Presolana vista dal sentiero
Poiat
Resti della teleferica militare
Un tracciato nella storia. La valle prende il nome dal torrente che nasce dal soprastante monte Demignone e che, dopo aver raccolto le acque di altri piccoli affluenti, si getta nel fiume Dezzo. È costituita da un ampio terrazzamento alluvionale che conserva tracce di attività umane risalenti a epoche lontane, ancora visibili ripercorrendo il sentiero. Dopo alcuni minuti di cammino, un cartello ci invita a una deviazione dal percorso, rivelando una vecchia postazione adibita a teleferica durante la Prima Guerra Mondiale. Il materiale, asportato dal vicino monte Bognaviso, era necessario alla costruzione della mulattiera, anello di congiunzione tra le strutture difensive del Tonale e della Linea Cadorna. Visitato anche questo pezzo di storia continuiamo il cammino, ora costeggiando un “Poiat”, fornace adibita alla produzione del carbone da legna. Il nostro sentiero sale con pendenza costante con vista sul fiume Vò, quasi completamente congelato. Dopo circa mezz’ora dalla nostra partenza, raggiungiamo le pendici della cascata, dove è presente un’area picnic per poter godere di qualche minuto di riposo.
Il torrente Vò
La Reglana
Le Cascate del Vò
Le Cascate del Vò. Lo spettacolo offerto dalle cascate non può che lasciare a bocca aperta. I 25 metri di salto sono avvolti da spruzzi di acqua e ghiaccio che creano giochi di colore fantastici. L’antica mulattiera in passato veniva sfruttata per raggiungere “la reglana” un forno di fusione del minerale, del quale ne rimane uno restaurato poco prima della cascata. La Val di Scalve, per secoli, sviluppò il lavoro in miniera che diede ferro già ai tempi dei Romani. In prossimità della reglana, possiamo proseguire per un percorso ad anello, continuando lungo una passerella di legno che porta sull’altra sponda del fiume. Il sentiero incrocia la mulattiera che sale verso il Rifugio Tagliaferri, mentre tenendo la sinistra riporta al piccolo borgo di Ronco. Al ritorno si può osservare, nei pressi di uno spiazzo verde, un altare di roccia squadrato che presenta sulla sommità una coppella e sul lato una croce: è un altare druidico, usato un tempo per cerimonie rituali e che testimonia la presenza dell’uomo fin dall’antichità. Giunti al borgo di Ronco, con qualche centinaio di metri sulla strada asfaltata, si può ritornare al punto di partenza.
Bivacchi di boy scout
Curiosità. Questo tracciato, che noi abbiamo percorso per un breve tratto, era utilizzato principalmente per accedere agli alpeggi in quota, per lo sfruttamento dei boschi o, semplicemente, per la caccia. Deve però la sua pregevole fattura all'opera del Genio Militare che, durante la Prima Guerra Mondiale, ritenne opportuno predisporre una terza linea di difesa: la Linea Cadorna, che interessava l'intero spartiacque della catena Orobica. È chiaro che, avendo a disposizione una via tracciata, chiunque ne avesse avuto bisogno l'avrebbe utilizzata e, fra questi, anche i contrabbandieri che muovevano da Carona (Valtellina) o dall'Aprica verso le valli bergamasche e viceversa. Nelle gerle, la “roba” era sempre quella: il sale, il caffè, le sementi, le armi, gli alcolici e le munizioni da caccia, gli arnesi da lavoro "battuti" nei magli di Schilpario e le poche altre mercanzie difficilmente reperibili nella valle opposta o, per i Valtellinesi, quelli richiesti dalla vicina Svizzera. Una pagina di storia riguarda anche il periodo fascista, quando lungo la Via dei Contrabbandieri transitarono centinaia di ebrei in cerca di rifugio. Allora trovarono ricovero presso la famiglia Negri, prima di compiere, accompagnati dai coraggiosi valligiani, l'ultimo balzo verso la Svizzera e la salvezza.
Conclusioni. Per raggiungere le Cascate del Vò serve circa mezz’ora di cammino, a cui vanno sommati poco meno di duecento metri di dislivello positivo. L’unica accortezza è data dal ghiaccio presente in questa stagione. Meglio avere sempre con sé un paio di ramponi, che nella stagione invernale non dovrebbero mai mancare nello zaino di un escursionista.