È in tribuna e nelle curve il grande "core de sta città"
È stato un mezzogiorno di fuoco quello vissuto allo stadio Comunale di Bergamo. Dopo aver assistito al pirotecnico 3-3 tra Atalanta e Roma la definizione calza a pennello. Nei 96’ minuti del Comunale c’è stato di tutto: attesa, paura, gioia e delusione. Tutto concentrato e frullato come solo il pallone, nei giorni migliori, sa fare.
L’attesa: uno stadio nerazzurro sotto la pioggia. La gara alle 12.30 è sempre un po’ complicata. C’è chi arriva dopo il cappuccio con la brioche, chi s’è svegliato presto e quell’ora ha fatto pure in tempo a prendere l’aperitivo e chi, piuttosto che farne a meno, ha anticipato polenta e coniglio alle 11. Il catino del Comunale si riempie tardi, la pioggia è fastidiosa e con oltre il 50 percento dei posti scoperti nessuno ha voglia di inzupparsi ancor prima del fischio d’inizio.
Nel settore ospiti, lì dove l’anno scorso c’erano un migliaio di romanisti, si sono seduti oltre 1350 bambini degli oratori della provincia. Hanno colorato il grigio dei gradoni con i loro ombrelli e con Città Alta sullo sfondo tutto sembrava ancora più bello. In Curva Pisani, oltre ai soliti striscioni, s’è visto un drappo bianco decisamente significativo. «Percassi: costi quel che costi, Diamanti a tutti i costi». Gioco di parole a parte, il messaggio è chiaro: c’è un leader che ha colpi da campione, non facciamocelo scappare.
La paura: buon avvio e poi lo 0-2. Pronti, via, l’Atalanta dopo il fischio d’inizio è pure piacevole. I nerazzurri cercano di tenere botta alla Roma, Salah scappa a Dramè e qualche brusio si sente, ma nel complesso i primi 20’ minuti di gioco non sono poi così preoccupanti. La pioggia batte sul terreno e qualche pallone scivola via ma a parte un destro del Papu in Curva sud e un sinistro di Perotti appena alto non ci sono grandi pericoli.
Nel breve volgere di pochi minuti, la gara della Dea sprofonda. Digne e Nainggolan segnano le due reti del vantaggio ospite, d’un tratto la paura serpeggia allo stadio e colpisce un po’ tutti. Le urla dei colleghi romanisti in tribuna stampa trovano subito una manciata di occhi arrabbiati a reagire. La vittoria del Carpi con il Genoa, il giorno prima, inizia a mettere ansia, e tuttavia la sensazione di un sogno che si sgretola sotto i piedi dura qualche minuto, nessuno vuol credere che sia tutto già finito e dopo un fuorigioco incredibile fischiato a Gomez (era lanciato a rete...) il sole della speranza torna a fare capolino da dietro la Rocca.
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La grande gioia: nel segno del Papu. Quel giocatore lì, con il 10 sulle spalle, è un fenomeno. Lo pensavano in tanti ma contro la Roma tutto si è fatto più chiaro. Papu Gomez in pochi minuti ha prima rifinito per D’Alessandro l’assist della riscossa e poi ha messo sulla testa di Borriello il pallone del 2-2. È successo tutto così velocemente che nessuno ha ben realizzato l’impresa. L’ultima volta che la Dea si ritrovò sotto per 2-0 in casa centrando poi la rimonta fu l’anno scorso con il Cesena, vedere una simile reazione con i capitolini non capita di certo tutti i giorni.
Dzeko nel finale di tempo ha messo in mostra tutto il peggio del suo repertorio ma dopo il riposo la premiata ditta Gomez–Borriello ha dipinto nuovamente calcio regalando gioie inimmaginabili a tutto lo stadio. Prima il numero 10 si è bevuto Rudiger nemmeno fosse un bicchiere d’acqua minerale, quando Borriello ha infilato il sinistro all’angolino la favola nerazzurra è diventata epica e se solo fosse arrivato il 4-2 su quel colpo di tacco la leggenda sarebbe stata compiuta. In tribuna e nelle curve, gli occhi erano quelli dei giorni migliori e per oltre 30 minuti cori e applausi non hanno mai perso d’intensità.
La delusione: il destro eterno del Pupone. Quando tutto sembrava finito, è arrivata la zampata del campione a rimettere le cose in parità. Totti ha segnato il 3-3 al termine di un flipper da far strabuzzare gli occhi, qualche giornalista romanista ha parlato di grande caparbietà, ma la risposta in salsa orobica è stata immediata: che gran fortuna. Nel finale Toloi ha tolto a Dzeko il pallone del 4-3, in pieno recupero Raimondi ha provato ad ingannare Rudiger con un velo su cross di Kurtic, ma poco prima del fischio finale ci ha pensato Irrati a rovinare il clima d’impresa.
Dopo aver sbagliato clamorosamente il cartellino su Zukanovic nel primo tempo (andava espulso per fallo da ultimo uomo su D’Alessandro) il fischietto pistoiese protagonista del corpo a corpo con Higuain a Udine si è ripetuto su Manolas che ha buttato a terra Pinilla ai 35 metri. Altro giro, altro giallo e contestazione totale. Al fischio finale, tutto lo stadio ha fischiato la direzione di gara ed è un vero peccato perché non si possono rovinare gare da antologia con errori così evidenti. Recriminazioni da risultato? Macchè: i tifosi allo stadio hanno applaudito con l’amaro in bocca l’uscita dal campo dei nerazzurri, sarebbe potuto essere un trionfo e invece la delusione per il 3-3 ha smorzato un po’ tutto.