Il Leonardo Da Vinci di Bergamo tra segreti dell'occhio e robot
Per la XII edizione di Bergamo Scienza, il Leonardo da Vinci ha offerto al suo pubblico una specialità della casa: unica scuola di ottica nella bergamasca, l’istituto tecnico in via Moroni ha infatti condotto i visitatori tra spettroscopi, pentalaser e illusioni ottiche. Un viaggio all’interno del mondo dell’oculistica dove tecnica e dimostrazioni pratiche si sono mescolate a tutti i segreti che il nostro occhio racchiude.
Il mestiere di ottico: tra tecnicismi e curiosità. Giunto quest’anno alla terza partecipazione del Festival, il laboratorio Ottica-mente curato dal docente di ottica Roberto Scudeletti, in collaborazione con i docenti Giovanni Meli e Monica Amort, è stato ideato e sviluppato con l’obiettivo di raccontare ai visitatori tutta la fenomenologia legata al mondo dell’oculistica.
Il progetto era organizzato in due momenti. Nella prima parte della visita gli ospiti hanno avuto modo di approcciarsi alle basi dell’ottica geometrica, con la dimostrazione di esperimenti legati alla luce, alla rifrazione, alla riflessione e alle leggi sulle lenti sottili. In un secondo momento, invece, i 15 studenti-guida coinvolti hanno presentato le esperienze correlate all’ottica ondulatoria, come la colorimetria, l’interferenza e le fibre ottiche. Un percorso che, aperto alle scuole medie e alle scuole superiori, ha saputo affiancare, agli aspetti più tecnici del mestiere di ottico, anche momenti più curiosi e accattivanti come, per esempio, l’attività conclusiva del laboratorio, durante la quale i ragazzi, con la supervisione dei docenti, hanno mostrato le fasi di preparazione di una lente e regalato, a chi volesse, una visita oculistica.
La sfida degli studenti. «I ragazzi coinvolti provenivano dalle classi terza, quarta e quinta di ottica, e sono contento di loro, perché hanno aderito in modo massiccio, senza mai tirarsi indietro quando si trattava di impiegare anche il weekend per il laboratorio», ha raccontato il docente Scudeletti. «Chi ha partecipato alla parte espositiva riceverà dei crediti scolastici perché riteniamo sia giusto offire un incentivo che li gratifichi».
La competenza tecnica richiesta si è combinata con l’abilità dei ragazzi di sapersi destreggiare davanti ai più svariati tipi di pubblico. «Ovviamente c’è il ragazzo più timido, quello più spigliato. Durante le visite dei privati, la sfida era maggiore, perché capitava che arrivasse l’ex ottico, esperto nel campo. E anche se abbiamo provveduto a formarli, hanno imparato con la pratica, e di volta in volta, a gestire il laboratorio in totale autonomia». Benché il progetto presentato a Bergamo Scienza sia sempre lo stesso, le esperienze che lo compongono variano e si arricchiscono ogni volta. Quest’anno, il corposo flusso dei visitatori privati è stato un impulso alla voglia di crescere ancora.
A raccontare impressioni positive è anche Luca Radici, il preside dell’Istituto nonché curatore dell’aspetto organizzativo, che però ha vissuto il laboratorio come un visitatore esterno vero e proprio: «Quando ho visto i laboratori in azione, ho pensato che alcune esperienze fossero molto formative ed accattivanti. Bergamo Scienza si è rivelata nuovamente un’avventura bellissima, sia i docenti che i ragazzi sono stati contentissimi. L’aggiunta del laboratorio di robotica, quest’anno, ha dato all’esperienza qualcosa in più, che ha permesso di valorizzare un altro aspetto della nostra scuola. E anche se ci dobbiamo ancora lavorare, in vista della ristrutturazione del laboratorio di Scienze, speriamo di arrivare alla XIII edizione con un progetto in più».
L’altra faccia della medaglia: il laboratorio di robotica. Il progetto Robot Land, curato dal docente di informatica Paolo Guerra, ha rappresentato una new entry nello scenario di Bergamo Scienza. Nato e cresciuto nell’esigenza di trovare strumenti nuovi per la didattica, il laboratorio si è trasformato, all’interno della rassegna, in un valido strumento per puntare i riflettori sulle potenzialità tecniche inserite nel programma didattico dell’Istituto. Come ha spiegato Guerra: «Non tutti i ragazzi dimostravano interesse nelle ore di informatica e lo scarso coinvolgimento si traduceva in un apprendimento scarso e faticoso. Attraverso l’inserimento della robotica abbiamo fatto quel passo in più per cambiare la didattica tradizionale: la cosa migliore si è rivelata essere imparare facendo».
L’utilizzo di programmazione a vari livelli di complessità ha permesso l’apertura del laboratorio ad un pubblico variegato: se i ragazzi di quarta e di quinta informatica hanno infatti programmato i robot attraverso il più evoluto linguaggio di Java, gli studenti di terza hanno sfruttato la programmazione classica della Lego, permettendo anche ai meno esperti di avvicinarsi al mondo della robotica. Le esperienze che ci sono qui fanno risaltare alcuni aspetti scientifici abbastanza evoluti come la computer vision (la capacità del dispositivo di riconoscere l’oggetto) e altri aspetti più meccanici, come il braccio meccanico. La formazione degli 8 studenti-guida per il laboratorio è avvenuta perlopiù in itinere: «I ragazzi hanno imparato prevalentemente sul campo», conclude il docente, «oggi come oggi hanno bisogno di questi stimoli, di accorgersi che il loro lavoro ha un riscontro pratico che li soddisfi. Solo così li si può rendere curiosi».